O altro che fosse
Ho provato a tenerla lontana. Ho pensato che se non le avessi
chiesto di uscire mi sarebbe passata, che se avessi smesso di scriverle sarei
tornato in me, ma devo ammettere di non essermi impegnato molto. Le ho scritto
praticamente ogni giorno e il fatto che lei non mi contattasse mai di sua spontanea
volontà mi dava un fastidio terribile.
Avevo una voglia tremenda di vederla, per questo alla fine ho
ceduto e siamo usciti. Siamo usciti e ho imparato a conoscerla e più ci uscivo
più la volevo, più la volevo più mi scottavo e più mi scottavo più avevo paura
di perderla.
Se ci avessi provato ancora avrei rischiato di mandare tutto a
pxxxxne e non volevo. La desideravo, desideravo toccarla ma se farlo significava
dover tagliare tutti i ponti andava bene averla solo come amica. Era a questo
che ero arrivato dopo giorni e giorni di riflessioni. Appena mi riconoscevo in
quel tontolone imbambolato che non riusciva a starle lontano.
Avevo voglia di fare con lei cose che non avevo mai fatto con
nessuno. Avevo voglia di condividere quello che avevo sempre fatto da solo, o
con gli amici, o con la mia famiglia. I ricordi delle vacanze al mare con i
miei sono tra le cose più belle che mi porto dietro. Le risate, il caldo sulla
pelle, la sensazione che il mondo girasse nel verso giusto anche se era quello
sbagliato. È durato per un po’, è durato fino a quando non ho capito che il
mondo girava davvero nel verso sbagliato.
Avevo voglia di mare. Avevo voglia di leggerezza, di
tranquillità, di guardare le cose da un’altra prospettiva, e lei me le faceva
vedere in un’altra prospettiva. Con lei il mondo sembrava di nuovo aver preso
il giro giusto, per questo l’ho invitata a passare un fine settimana al mare
con me. Avevo paura che mi dicesse di no e invece sono riuscito a convincerla
e siamo partiti insieme.
Quando in spiaggia si è tolta i jeans stracciati e la maglietta
ed è rimasta in costume, contro ogni legge naturale mi sono andate di traverso le
corde vocali. Era uno spettacolo. Era magra, molto più magra delle ragazze con
cui esco di solito, con poche forme e gambe chilometriche. Il suo seno sarebbe
entrato dentro un bicchiere e sarebbe stato alla perfezione nel mio palmo. Mi
ritrovavo a pensare a quelle cose di continuo e dovevo ricordarmi a forza che
ero in boxer e che avrebbe visto tutto se non mi fossi calmato.
Niente palmi, niente gambe, niente lingua, niente seno, niente
bocca.
Il mio amico là sotto, però, reagiva anche senza che ci
pensassi, come un quindicenne alle prime armi. Sono stato con decine di ragazze
ma questo non gli impediva di comportarsi come un ragazzino di seconda
superiore. Ok, io mi comportavo come un ragazzino di seconda superiore, lui mi
seguiva e basta.
Entrare in acqua con lei, da quel punto di vista, non era una
buona idea, mentre il calcio balilla sembrava essere la soluzione per smettere
di pensarla in quel modo.
«Ti va una partita a biliardino?»
Ha annuito con il viso arrossato dal sole e gli occhi che
risucchiavano tutta la luce del mondo.
Come ero messo male.
Siamo arrivati al bar e ci siamo posizionati intorno al tavolo.
Ero sicuro che non si sarebbe mossa bene, che avrei dovuto insegnarle qualche
trucco, che avrei trovato il modo di toccarla per farle vedere come muovere il
polso ma avevo sbagliato tutto. Era un fenomeno, un vero fenomeno.
«Dove hai imparato a giocare?» ho chiesto mentre per pura
fortuna le paravo un gol.
«Sono cresciuta con tre fratelli maschi», ha risposto mentre la
coda scomposta in cui aveva raccolto i capelli oscillava a destra e a sinistra.
Mi sono fatto fregare da quello. Dai ciuffi sfuggiti che le accarezzavano il
viso, dalle opali che brillavano, dalle labbra che si contraevano. Mi ha fatto
un gol e io ho pregato di poterlo fare con lei.
È così che la giornata è volata. Quando siamo tornati in hotel
mi sono fatto una doccia fredda e in qualche modo mi sono calmato. In qualche
modo, perché non sarei mai riuscito a calmarmi davvero. L’ho aspettata giù,
davanti alla reception, e quando è arrivata mi sono messo a ridere.
Era rossa
come un’aragosta ed era carina da impazzire. No, non carina. Era bella, cxxxo,
proprio bella. Con un paio di jeans e una maglietta era bella da morire.
«Ti brucia?» le ho chiesto durante la cena in un ristorante con
vista sul mare. Non sono un tipo romantico né sdolcinato ma la luce dell’estate
che si riverberava sulle acque del Mediterraneo era qualcosa di giusto per una
come lei.
«Mm mm», ha mugugnato sorridendo. «Faccio sempre così. Anche se
metto la crema finisco sempre per scottarmi. Perché tu no?»«Non lo so, forse ho la pelle più resistente. Raramente mi brucio.»
L’epidermide non mi bruciava, ma bruciava tutto il resto. Mi
infuocava e non voleva saperne di spegnersi. E mentre camminavamo lungo il mare
continuava a infuocarmi e nemmeno la brezza marina mi dava pace. Senza pensarci
troppo l’ho presa per mano e l’ho portata verso un lettino. Mi sono appoggiato
allo schienale e lei mi si è accomodata davanti. Lo vedevo che bruciava quanto
bruciavo io ma non ne voleva sapere di cedere, e io non ne volevo sapere di
perderla.
«Ti posso abbracciare?»Si è immobilizzata e ho temuto di aver fatto il passo più lungo della gamba.
«Non voglio provarci. Ho solo voglia di abbracciarti», ho sussurrato.
In realtà avrei avuto voglia di provarci ma non mi sarei giocato
tutto per degli stupidi ormoni. Ormoni o altro che fosse.
Lei ha inclinato un po’ la testa senza dire niente, così io mi
sono avvicinato, lentamente, per non farle paura. Non volevo che scappasse o
che pensasse qualcosa di brutto di me. Ho appoggiato il viso sul suo collo,
l’ho attirata a me e l’ho stretta forte. Con le mani le ho accarezzato la
pancia e poi l’ho agganciata, spingendo le sue spalle sul mio petto. La sua
pelle è diventata ruvida e quando mi sono reso conto che le avevo fatto venire
la pelle d’oca il mio amichetto si è risvegliato.
Non volevo che lo sentisse perché temevo che scappasse. Eppure
non l’ha fatto. È rimasta lì, su di me, per tanto tempo, e quando siamo scivolati
e siamo finiti distesi ho chiuso gli occhi e mi sono goduto ogni singolo
istante avvinghiato a lei.
Mi sono svegliato con il suo corpo che mi tremava addosso. «Ehi»,
ho bofonchiato, «ci siamo addormentati?»«Mmm.»
Era un cubetto di ghiaccio. Quando eravamo entrati in spiaggia
si era messa la felpa ma evidentemente non era servita.
«Accidenti Dafne, sei congelata!»«Mmm.»
«Vieni qui», ho detto stringendola forte tra le braccia. Ogni
scusa era buona per sentirla vicina, e poi volevo davvero scaldarla, non mi
andava che stesse male per colpa mia.
Ho mosso le mani sulle sua braccia massaggiandola e quando ho
sentito che la sua pelle era più calda e che non batteva i denti, l’ho stretta
ancora e ho appoggiato il mento sulla sua spalla.
Ero messo sempre peggio.
Finalmente possiamo conoscere un po' meglio Alessio!!! Una bellissima idea!!!!<3
RispondiEliminaOoohh (occhi a cuoricino)! Sono tanto contenta che ti piaccia!!! <3
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