venerdì 29 luglio 2016

Due anni fa

Oggi Innamorarsi ai tempi della crisi compie due anni.
 
Due anni fa ho preso coraggio - più o meno - e ho fatto uscire il mio primo "libro". Quello più diverso da ciò che avevo scritto fino ad allora, quello più sperimentale, meno descrittivo. Quello romance, che tu il romance neppure sapevi cos'era. E invece l'hai buttato giù in un niente. L'hai pensato, l'hai scritto, l'hai rielaborato. E poi ti sei chiesta: "ma di questo, che ne faccio? Perché una casa editrice nemmeno lo guarderebbe. E visto che è carino, simpatico e divertente, non mi va di lasciarlo chiuso in un cassetto."

Ci hai pensato, quanto, tre giorni? E hai deciso: lo autopubblico. Da allora è iniziata questa magica avventura che non hai idea di dove ti porterà ma che ti sta facendo conoscere un universo che ti piace da matti e che ti permette di entrare in contatto con tanti blogger, tanti lettori, tanti autori e che gradisci sempre di più. E anche se dei giorni ti butta male - perché diciamocelo, dei giorni ti butta veramente male - da due anni sei qui e continui a fare quello che hai sempre fatto. Leggi, scrivi, racconti. Solo che adesso c'è un bel po' di gente che ti legge e che ti segue, gente che ti ha visto passare da M.B. a Monica Brizzi, gente che ha curiosato sulla tua pagina mentre cambiava nome, gente che ti ha scoperta e non ti molla, che ogni tanto ti legge e poi si scolla. Gente. Gente a cui tu vuoi dire: grazie. E sempre grazie. E ancora grazie. Non sarebbe la stessa cosa, senza di voi.


Se tornassi indietro non so se lo riscriverei così. Non so se proverei a dargli una forma più "classica" sfruttando ancora di più le stranezze di Dafne, includendo la storia raccontata dal punto di vista di Alessio, facendomi guidare dalle descrizioni, o se invece ripercorrerei la stessa strada lasciando che a raccontarli non sia "io" ma i dialoghi e l'istantaneità.
Tuttavia, la mugugnante e il troppo simpatico, troppo bello e troppo intelligente, sono così. E così ve li regalo. Per festeggiare questo buffo compleanno ho infatti deciso di lasciarvi un estratto. Si tratta di uno dei tanti messaggi che i due si mandano tra un incontro e l'altro, tra un mugugno e una chiacchiera, tra un sorriso e un'uscita. 
La regola delle coppie adiacenti mi è sempre piaciuta.

Mercoledì, ore 23.40:
> Come mai sei nella mia testa?
> In che senso?
Ha un cappello con la mia faccia? Una foto sulla fronte?
> Non lo so bene nemmeno io
> …
> …
Mi prende in giro, la deliziosa cacca.
> Ah beh, questa sì che è una conversazione!
> Ahahahaha! Bella, vero?
> Fantastica :)
> Stasera parli
> Sembrerebbe
> Come mai?
> Non lo so. A volte sono più comunicativa
> E perché a volte lo sei meno?
> Perché è più semplice
> Cioè?
> Non dico mai la cosa giusta
> Non mi sembra
> Non ti sembra perché nella maggior parte dei casi non dico niente
> Continua
Ok, parla, ma non esagerare eh!
> È la regola delle coppie adiacenti
> Che roba è?
> Se saluti, l’altra persona saluta. Se dici grazie, l’altro dice prego
> Normale
> Esatto. Ma non sono io
> Tu non ricambi il saluto?
> Quello che voglio dire è che… le persone hanno delle aspettative comunicative che io non riesco a rispettare
> Continua
> Se sei triste, ti aspetti che la persona che hai accanto ti consoli con le parole giuste. Io le parole giuste non le trovo mai. Così non dico niente
> A me sembra che tu dica sempre la cosa giusta
> Ma se non parlo!
> Appunto. Non sei una di quelle che dice le cose che dicono tutti e che non servono a un cxzzx. Dici quando ti sembra il caso di dire
> Raramente
> Anche con me?
> …
> Non fermarti, ti prego
> Con te è ancora peggio. Mi si incasina la testa quando siamo insieme. E anche quando non siamo insieme 

Se non fosse stato per Dafne e Alessio (La versione di Alessio), ma soprattutto per Dafne (Innamorarsi ai tempi della crisi), probabilmente non avrei aperto il blog e non avrei continuato a produrre così tanto. Si meritavano un post speciale. 

M.

giovedì 21 luglio 2016

Trilogia?

Mi sono imbarcata nel Romance Distopico due anni e mezzo fa. Quando ho iniziato non volevo scrivere una trilogia. Ci avevo già provato anni prima con l'urban fantasy e non è andata a buon fine. Quella storia travagliatissima, nata quando avevo 17 anni, non è riuscita a raggiungere la sua meta. Complice una certa mancanza di maturità nello scrivere, una costanza saltellante e una storia decisamente troppo complessa, finito il primo ho iniziato a titubare. A metà del secondo, ho chiuso tutto.
A questo punto voi potreste dire: Emmetonta, perché hai deciso di scriverne un'altra?
La risposta è semplice: non ho deciso. Non mi sono seduta a fare conti. Non ho diviso le parti. La storia è venuta fuori così.
Il fatto è che non sono un tipo da scalette. Prendo appunti, scribacchio idee, ma non faccio scalette. Se decido cosa far fare ai personaggi succede sempre qualcosa, strada facendo, per cui mi mandano in cxlx - yuppidu - e fanno quello che vogliono. 


L'idea del Romance distopico è nata in qualche minuto, come un'illuminazione. E mi sono subito buttata a scrivere, convinta che sarebbe stato un autoconclusivo. Solo che mentre scrivevo mi sono accorta che avevo bisogno di mooolto più spazio perché quello che veniva fuori, l'idea che mi ero fatta, e che a quel punto era quasi del tutto formata, era molto più consistente di quello che credevo. Così l'ho diviso in tre parti. A voler essere precisi, l'ho fatto perché:
1. raccontare la storia sarebbe stato decisamente più semplice e mi avrebbe dato un certo respiro. Riconoscendo una suddivisione in tre parti, alla fine di ognuna avrei avuto il tempo necessario per fare il punto della situazione, capire cosa stava succedendo, domandarmi se le pieghe che stava prendendo funzionassero;
2. anche se ciò che scrivo, i romanzi che pubblico, hanno un numero di lettori che mi fa saltellare, rimango comunque un'autrice sconosciuta. Quelli che mi conoscono lo fanno perché scrivo romanzi rosa. Come autrice di fantascienza, non esisto. Uscire con un tomo di 600/700 pagine, autopubblicato o non, sarebbe molto, molto rischioso, visto che il genere è anche poco apprezzato dalle nostre parti;
3. se si inizia un progetto così importante non si può non pensare che potrebbe essere una ciofeca. Non per chi scrive - per noi è sempre e comunque magia - ma per chi legge. Potrebbe essere un flop. Chi lo crea pensa che sia un capolavoro ma chi lo scopre potrebbe trovarlo ridicolo. Dividerlo in tre mi permette di far leggere alle beta readerSSS ogni "capitolo" singolarmente, lavorando così sui singoli aspetti del tomo, e non sulla storia in totale, e dandomi modo di apportare modifiche. Nel primo, ad esempio, è venuto fuori che la protagonista aveva dei trascorsi non facili da accettare, e sono intervenuta lavorando su quello e dirigendo la storia nella nuova direzione per gli altri due.

Ora, il problema delle trilogie, a mio avviso, non sono le trilogie in sé. Il problema delle trilogie è che sono quasi sempre di generi che in Italia non raggiungono il risultato che raggiungono in altri paesi. La quadrilogia di Elena Ferrante, ad esempio, ha avuto un successo strepitoso perché il genere da noi funziona alla grande. Ma se si parla di fantasy e fantascienza si perdono pezzi. Si perdono lettori. Se sono trilogie, pure peggio, perché anche chi potrebbe provare a esserne incuriosito si perde d'animo. 
Ma il problema non si può risolvere tagliando pagine. Riuscire a raccontare storie di realtà inesistenti in un romanzo autoconclusivo è davvero difficile. Di qualunque cosa si tratti. Esaurire in un solo volume le descrizioni, gli usi e i costumi, la politica di un pianeta, di un mondo post-atomico, di un universo controtendenza, è davvero complesso. Nel mio caso, sarebbe stato possibile se avessi ambientato il tutto in un solo luogo. Il fatto che la storia si svolga, invece, in due realtà completamente diverse, all'interno delle quali si trovano altre realtà secondarie, ha chiarito rapidamente che un solo libro non mi sarebbe bastato. Non ho avuto molte alternative.


Sinceramente, non ho ancora pensato a cosa ne farò. Non so se proverò a mandarlo a qualche casa editrice - uhm - o se sceglierò l'autopubblicazione - uhm -. Al momento l'emozione della creazione cancella il tormento sul fatto che è un genere che fa fatica. Perché è un fantascienza, e qui perdo un enorme fetta di lettori, ma è anche un romance, e quindi ne perdo un'altra marea Di conseguenza, non ho nemmeno pensato a come farlo uscire. Pubblicarne uno alla volta o accorparli dividendo il tutto in "libro primo", "libro secondo", "libro terzo"? 
Ma queste 600/700 pagine, poi, chi se le legge? 

Boh.

M. 

sabato 16 luglio 2016

25 domande indiscrete su libri e lettura

In queste settimane in cui il caldo si alterna ai nubifragi - tre giorni fa una tromba d'aria si è abbattuta sulla città portandosi via alberi, tetti e cose e lasciandoci sgomenti - la mia voglia di scrivere è tornata ai massimi livelli. Per la precisione, la mia voglia di scrivere il Romance distopico. Vicina al completamento del secondo, inizio a pensare/scrivere il terzo e mi si chiude lo stomaco all'idea che la storia si concluderà e che ogni cosa verrà chiarita. Ho seminato così tanti dubbi e incertezze, qua e là, che non so nemmeno io come recuperare il tutto. Dovrei piazzare in casa un'enorme lavagna in cui appuntare, disegnare e dissipare le nubi. Perché puoi avere un'idea in testa che funziona alla grande, e che è compiuta già all'inizio, ma mentre produci succede sempre qualcosa che ti allontana e che ti mette in crisi. E succede che ti dimentichi i particolari. Che non sai più come si chiamava quello che faceva quella cosa, o che forma aveva quel posto, o perché avevi scelto quella stranezza invece dell'altra. Visto che hai deciso di inventare un mondo alternativo, il problema è piuttosto consistente. Questa deliziosa lavagna, scovata su Victory-eu.org, sarebbe, dunque, l'ideale. 

Fonte: http://goo.gl/DLAuou

Così, per rilassare la mente e prendere una pausa da tutto, ho pensato: cosa c'è di meglio di un meme? Sono mesi che lo vedo e quando ho letto quello di Chiara ho deciso di cedere al fascino del "vi racconto un po' di me". 

1) Come scegli i libri da leggere?
La cover e il titolo fanno la prima scrematura. Poi la sinossi e il genere, ovviamente.
2) Dove li compri?
I cartacei li compro in libreria, gli eBook su Amazon
3) Aspetti di finire una nuova lettura prima di comprare un nuovo libro?
Giammai! La sola idea di rimanere senza libri da leggere mi allarma. Il fatto che abbia la casa piena non fa alcuna differenza.
4) In quale momento della giornata preferisci o puoi dedicarti alla lettura?
Lo vorrei fare a tutte le ore ma il lavoro non me lo permette, dunque la sera, la sera-notte e la mattina a colazione. 
5) Quando compri un libro ti fai influenzare dal numero di pagine?
No, non fa alcuna differenza la lunghezza. 
6) Qual è il tuo genere preferito?
Storici, fantasy, fantascienza. 
7) Ha un autore preferito? Chi?
Italo Calvino. Valerio Massimo Manfredi.
8)  Quando è iniziata la tua passione per la lettura?
Con Topolino, a sei anni. Con Il diario di Anna Frank a dieci. 
9) Li presti mai i tuoi libri?
Agli amici sì. 
10) Ne leggi uno alla volta o più contemporaneamente?
Dipende da quanto mi prende la storia. Se mi piace no, se mi risulta un po' difficoltosa o non mi prende abbastanza sì. 
11) La tua cerchia di familiari e amici legge?
Sì e no. Qualcuno legge tanto, qualcuno non legge niente, altri qualcosina. 
12) Quanto impieghi mediamente a finire un libro?
Tre/quattro giorni. Quando mi mette bene qualche ora, quando mi mette male da una a due settimane.
13) Se incroci qualcuno che legge in pubblico sbirci il titolo del libro?
Maccheddomande! Ovviamente sì! 
14)  Se ne potessi salvare solo uno, quale salveresti?
Troppo difficile rispondere. Se, per esempio, dicessi Harry Potter, dovrei pure scegliere quale? No, troppo difficile.
15) Perché ti piace leggere?
Perché sono curiosa, perché mi piace sognare, perché adoro imparare. Leggere un libro significa scoprire, vagare, viaggiare, riflettere, crescere. 
16) Leggi libri in prestito o solo quelli che possiedi?
Leggo tutto, non fa alcuna differenza la provenienza. 
17) Quale libro non sei riuscito a finire?
Notre-Dame de Paris di Victor Hugo. Me ne vergogno molto, visto che sono laureata in Lingua e Letteratura francese. 
18) Hai mai comprato un libro solo per la copertina?
Solo per la copertina no, devono colpirmi anche il titolo e la sinossi. 
19) C'è una casa editrice che apprezzi in particolare?
Dipende dai periodi e dai generi. Di alcune mi piacciono molto i fantasy, di altre gli storici.
20) Porti i libri in giro o li tieni al sicuro in casa?
Se riesco li tengo a casa ma quando il bisogno di leggere diventa incontrollabile li infilo in borsa. Poverini.
21) Tra quelli che ti hanno regalato quale hai apprezzato maggiormente?
Il dominio del fuoco di Sabaa Tahir, No et moi di Delphine de Vigan, Aléxandros di Valerio Massimo Manfredi
22) Come scegli un libro da regalare?
Deve colpirmi per qualcosa. P non rientrare tra i miei generi preferiti ma deve fare centro in qualche modo e adattarsi all'idea che ho della persona a cui lo regalo. 
23) C'è un criterio particolare in cui è ordinata la tua libreria?
Chiaro. Più o meno così: classici, classici francesi, classici greci e romani, classici inglesi, narrativa italiana, fantasy, fantascienza, libri in lingua originale, romanzi non di genere, commedie, storici, saggi. I romanzi rosa sono tutti in eBook. 
24) Se un libro ha delle note hai l'abitudine di leggerle o le salti?
Dipende dal libro. Tendenzialmente le salto. 
25) Leggi le introduzioni, prefazioni e postfazioni o le salti? 
Le leggo alla fine perché alle volte mi creo aspettative sbagliate e mi innervosisco. 

Ora vorrei sapere tutto di voi. Tutto tutto. Ma proprio tutto. Sui libri e la lettura, chiaramente

M.

venerdì 15 luglio 2016

Di solito

Di solito non scrivo questi post. 
Da quando ho aperto il blog mi sono sempre sforzata di ricordare che non era lo spazio giusto. 
La penso ancora così. Però oggi non ce la faccio. E lo so che è sbagliato perché Nizza non è diversa da Parigi, da Bruxelles, da Istanbul, da Tunisi. Lo so. Ma da stamattina mi girano in testa così tanti pensieri che non ce la faccio. È come se mi chiedessero di scriverli, di liberarli, perché questo silenzio forzato mi si stringe addosso.

Stamattina, quando mi sono svegliata, l'aria era fredda. Diversa, con il senno di poi. La stessa, solo più fresca, se non fosse accaduto niente. Ho acceso il pc, convinta di scrivere tutt'altro, poi il cellulare. C'era un messaggio di D.: "amore, guarda il telegiornale, è successo un casino a Nizza". Era presto, prestissimo, eppure ne parlavano da tutte le parti. No, ho pensato. No, non per l'ennesima volta. 
Basta.
Non sono riuscita a scrivere il post che mi ero prefissata. Mi sono piazzata davanti alla tv e un senso di angoscia mi si è arrotolato nello stomaco, lo stesso che mi ha guidato verso un foglio bianco e una penna, nella pausa pranzo, a scuola, per riversare tutto. Lo stesso che mi guida adesso mentre ricopio queste parole.
Non serve a niente. E non è diverso, no. Eppure questa volta vuole uscire. E mentre penso a cosa è successo in un giorno in cui si festeggiava la libertà della Francia e dell'Europa intera, mi torna in mente la mia Francia, quella del gemellaggio, delle prime uscite, del cappuccino che di tutto sapeva tranne che di cappuccino. Ma a 15 anni non è importante. Come non lo è la strana pizza di Parigi, a 19, o il caldo di Nizza, a 23. 
Nizza.
Ma non è diverso, no. E non voglio farlo più. Raccontare questo stordimento, scrivere di quanto sia assurdo. Mi sentirò colpevole, già lo so, perché oggi ho liberato qualcosa a cui prima non avevo dato sfogo e a cui non voglio darlo più perché mancherei nei confronti di tutti gli altri. Nei confronti di tutto il resto.
Il mio è uno stupido grido sordo che non arriva da nessuna parte e che non dice niente. 
Ma oggi è così.
Quel pupazzo a terra. Quella gioia distrutta. 
Oggi è così.

M.