Sono a casa con la febbre. Dopo tutti i ragionamenti sul fine settimana - mare, non mare, tempo bello, tempo brutto, leggo, che leggo? - ho finito per passare questi giorni di vacanza alternando tra il divano e il letto, con il termometro a portata di mano e la tentazione di lanciarmi in qualche danza rituale - braccia e gambe che si muovono scoordinate, capelli che volteggiano nell'aria - affinché la temperatura scendesse sotto i 39.5. Sigh.
Sono passati due mesi dalla pubblicazione di È qui che volevo stare e ora che le acque si sono calmate - intendo dire ora che IO mi sono calmata - mi sembra naturale raccontare com'è andata. Mentre con La Storia e Il Romance distopico vi rendo partecipi - qualche volta - di come procede il progetto, di come si muovono i personaggi e di come mi muovo io, per la storia di Sofia & co, così come per quella di #AngelicaeManuele de Il mio supereroe, ho sempre detto poco durante la stesura. Un po' per un senso di protezione strano, come se, comunicando che stavo scrivendo la loro storia, potessi perdermi e perdere loro. Un po' per scaramanzia. Perché tenere segreta la stesura di un libro mi dava l'idea di una specie di rito apotropaico.
Arrivata a questo punto, ho provato il desiderio di raccontare. E ho pensato di farmi una specie di intervista da sola, di far sì che M. ponesse delle domande a Monica in uno strano sdoppiamento della personalità che da quando ho aperto il blog pare verificarsi spesso. Yeh, yeh.
E allora, che si aprano le danze!
1) Quando è nato È qui che volevo stare?
Ho iniziato a scrivere le vicende di questo gruppo di ragazzi più di un anno fa. In realtà, guardando la data di creazione, leggo 23/11/2014 ma posso affermare con certezza che si trattava di frasi lanciate a caso, senza un'idea. La stesura vera è cominciata tra febbraio e marzo. A metà maggio era finita.
2) Come è nata l'idea?
Io e i miei compagni di classe non abbiamo mai avuto un bel rapporto. Eravamo tanti, troppi - oscillavamo tra i 29 e i 32, di questi, solo una decina erano ragazzi - e non siamo mai riusciti a fare gruppo. Gli unici momenti in cui sembravamo uniti erano i compiti in classe, in particolare quelli di greco e latino. In quelle ore si creava una specie di unione clandestina volta a raggiungere un risultato: prendere almeno un 5. Niente di più.
Il fattore scatenante della storia non sono stati, dunque, i miei ricordi, né la nostalgia. Il fattore scatenante è stata la classe di D. Strano, eh? Quando io e lui ci siamo conosciuti sapevo che frequentava ancora i suoi ex compagni di classe. Non tutti, non spesso, ma almeno una volta all'anno si ritrovavano e da come ne parlava avevo capito che era più che una semplice relazione scolastica. Era più che semplice malinconia. Era amicizia.
Quando ci siamo sposati, nel 2008, abbiamo deciso di invitare anche loro perché si vedevano sempre più di frequente ed era bella l'idea di renderli partecipi di un momento così importante della nostra vita. E dunque, li ho conosciuti. E ho conosciuto Sab., l'unica ragazza della classe. Oggi è diventata una delle mie più care amiche, oltre che la mia prima lettrice.
Oddio, mi sto perdendo in dettagli. Insomma, li ho conosciuti e sono entrata nel giro, ed entrando nel giro ho scoperto che avevano deciso di tornare a Berlino, luogo dove erano stati in gita all'ultimo anno di superiori, a dieci anni di distanza. Ogni volta lo ripetevano. Ogni volta lo proponevano. Non l'hanno ancora fatto ma la loro idea si era già sedimentata nella mia mente e aveva iniziato a costruire una storia. Tornare in gita a dieci anni di distanza.
3) Perché la Grecia?
Nonostante tutto, le gite sono state una delle cose più belle della scuola, specialmente quella in Grecia. Ma non ho scelto tale meta per questo. La verità è che avevo bisogno di un posto che sentissi, che mi facesse battere il cuore, che mi provocasse emozioni forti e durature. E avevo anche bisogno di conoscerlo bene. Ho visitato altri paesi europei e in alcuni sono tornata più di una volta - la Germania e la Francia, ad esempio - ma sempre in zone diverse. La Grecia è l'unico posto in cui sono stata tre volte visitando gli stessi luoghi. Potevo aggiungerne uno, eliminarne un altro, ma quelli erano. Sono così innamorata dell'Ellade che mi è parso normale sceglierla come meta. Avrei potuto raccontare cosa mi aveva regalato Atene, cosa mi aveva provocato Micene, quando mi fossi emozionata sulle Meteore. La scelta è stata semplice. E dovuta.
Per il momento mi fermo qui, altrimenti più che un intervista diventa un poema. Ci saranno altri appuntamenti in cui racconterò altre curiosità.
Pormi queste domande è stato, e sarà, divertente ma lo sarebbe molto di più se foste voi a farmele. Dunque, se vi va, se avete voglia di saperne di più, lasciatemele nei commenti e sarò molto felice di rispondere. Tipo che saltellerò.
Giusto il tempo di farmi passare la febbre.
M.