martedì 22 dicembre 2015

Buon Natale!

Le luci brillano sullo spelacchiato alberello decorato in modo così figo da non sembrare nemmeno il mio. I regali piccoli sono appesi ai rami, quelli grandi posizionati alla base. Le cene sono iniziate, le ferie ancora no ma ci siamo quasi. Insomma, il Natale è alle porte e io vi auguro...


Poi vi lancio qualche caramellina gommosa e dato che ci sono e che ormai sono in modalità-StarWars-on dico a tutti, ma proprio a tutti, ai miei emmosissimi amichetti blogger, ai miei lettori, a chi passa da qui e poi cambia idea perché vede tutto questo rosa, a chi si stufa per le cose strampalate che scrivo e scappa a gambe levate, a chi non cambia idea ma non si fa vedere, a chi legge i miei libri e a chi non sa nemmeno come scrivo, a chi li ama, a chi li odia: la forza è potente in voi.

Vi emmo molto.
M.  

Postilla: la mia pagina Facebook è diventata davvero la mia pagina Facebook. Se capite qualcosa siete veramente degni di tutte le emmosità del mondo.  
Auguuuri! 

venerdì 18 dicembre 2015

L'assalto batterico e un sacco di altre cose

Nelle ultime due settimane sono successe delle cose curiose. Prima tra tutte la meno curiosa, un assalto batterico alla mia gola che dapprima è stato scambiato per raffreddore, poi per mal di gola e raffreddore e infine per ciò che era, cioè una largingofaringotracheite - eh? Dopo due settimane pronuncio ancora la parola "no" come "do". Fastidioso? Sì, sicuramente. Ho decorato l'albero di Natale con delle bizzarre allucinazioni che lo facevano sembrare più alto e affascinante. 
Fonte foto: http://www.thehouseofblog.com
L'assalto mi ha costretta a casa per cinque giorni durante i quali è successa l'altra cosa curiosa: non riuscivo a fare niente, nemmeno a mangiare, ma... dovevo scrivere. Non c'era verso di convincermi a stare a letto o sul divano. Sebbene mi facesse male tutto, neanche avessi fatto cinquantacinque ore consecutive di zumba, dovevo stare seduta in questa scomodissima sedia davanti al pc per SCRIVERE. E ho scritto così tanto, ma così tanto che ho quasi finito un libro. Una mattina mi sono svegliata e La Storiella mi si è srotolata davanti. All'inizio l'ho ignorata perché il termometro mi faceva cenni strani - parlava e si divincolava - e io volevo dargli ascolto ma poi questa gente, questa gente che popola La Storiella si è rivoltata e mi ha costretta a scrivere. Scrivere. Scrivere. Scrivere. Non ho fatto altro.
Così facendo, non ho comprato i regali di Natale e non ho calcolato minimamente il mio bloggettino colorato. 
Sono tornata al lavoro, ho cercato di mettermi in pari con i regali di Natale - chiaramente sono in piena crisi, della serie Natale-non-può-essere-tra-una-settimana-io-devo-ancora-raggiungere-la-taglia-40, e ho ripreso contatti con il mondo reale senza però abbandonare La Storiella.
Nel mentre due beta reader hanno letto il primo capitolo della saga romance/distopica e... ha avuto un successo strepitoso. Una delle due lo sta rileggendo per la seconda volta, tanto le è piaciuto, l'altra pare abbia intenzione di farlo. Ma la cosa che più di tutte mi ha colpita è che quando sono andata a gozzovigliare con loro per riempirci di zuccheri e caffeina le due hanno iniziato a discutere, discutere veramente, delle caratteristiche della protagonista con così tanto interesse da lasciarmi di stucco. Una la adora, l'altra la trova vagamente fastidiosa e lagnosa e io mi sono gustata ogni singolo commento. Vedremo come procederanno le cose. 
E poi, e poi... sono andata a vedere Star Wars. Non vi dirò molto a riguardo se non che M. è composta per metà da un normale essere umano e per l'altra metà da un nerd che è cresciuto con il mito di questa saga e che l'ha aspettata per anni. Il 16 dicembre è stata una giornata fenomenale iniziata con il pensiero di ciò che avrei visto e finita con il pensiero di ciò che avevo visto, intervallata dalla vita, ovviamente, e da chiacchiere/foto/video/battute/messaggi e tutto ciò che era possibile creare sul tema. 
Che dire? BELLISSIMO. 
Ora torno, di corsa, a La Storiella. Forse prima di Natale riuscirò a finire la prima stesura.

Che la forza sia con voi, miei emmosi padawan. Mi siete mancati.

M. 

venerdì 4 dicembre 2015

Da leggere

C'è aria di Natale in giro. Quasi quasi coloro tutto il blog di rosso trasformandolo in un enorme Babbo Natale barbuto, baffuto e rotondo. Approvate?
Proprio perché il periodo più luminoso/spendaccioso/mangioso dell'anno si sta avvicinando - e solo per questo - vi ricordo che oggi termina il blogtour de Il mio supereroe e che il tema saranno i regali di Natale. Angelica dispensa consigli su come produrre doni festosi. Se vi siete persi le tappe precedenti basta che diate un'occhiata qui. Se non vi interessa, impiegate il tempo che non gli dedicate a sgranocchiare pandori e panettoni e a immaginare Il Mondo di M. trasformato in L'enorme Babbo Natale barbuto, baffuto e rotondo. Se non vi interessa nemmeno questo, leggete sotto. 

Ho destinato questi buffi mesi autunnali a delle riletture, come quasi tutti gli anni. Mi piace frugare nelle mie librerie e pescare un testo che mi è piaciuto o, al contrario, che non ho apprezzato, e provare di nuovo.
Ora, però, vorrei concentrarmi su altre letture. Alcune già acquistate, alcune solo pensate e altre ancora che non so se saranno veramente quelle che mi allieteranno le giornate.
Prima tra tutte, in ordine di arrivo, c'è Dimmi che credi al destino di Luca Bianchini. Mi è stato prestato e credo di dovermi dare una mossa a leggerlo perché suppongo che voglia tornare dal suo proprietario. Se non vi ricordate, di Bianchini ho parlato più volte sia in relazione al suo libro che ai miei misfatti, dunque se volete rinfrescarvi la memoria vi basta andare qui e qui.


Tra gli ultimi acquisti ci sono Rebel e Bellezza Crudele. Ho comprato il primo perché me lo sono trovata da tutte le parti. In libreria, al supermercato, sui blog, su facebook. Dato che il prezzo lancio non era niente male, all'ennesimo incontro ho deciso di acquistarlo. Il libraio mi ha poi suggerito di prenderne un altro perché con una spesa superiore ai 20€ avrei avuto un gratta e leggi (eh eh) e un eBook in omaggio, così ho allungato la mano verso Bellezza Crudele del quale sapevo poco e niente se non che è una rivisitazione de La bella e la bestia. Io adoro le rivisitazioni, specie in chiave dark, dunque mi sono lasciata prendere e ho messo in saccoccia pure questo. Ma... l'ho già letto e non credo che ve ne parlerò. Questo dovrebbe dirvi tutto. Diciamo che non mi ha lasciato molto e che ho fatto un po' fatica ad arrivare alla fine. Cavolo, come mi sento cattiva a dirvelo. 



Appena acquistato, ma non ancora letto, è Norwegian Wood di Murakami. Ne ho sentito parlare così a lungo e da persone così diverse, che mi sono costretta a leggerlo pur sapendo che potrebbe non essere il mio genere. Il fatto che ci siano, o che vi siano state viste da alcuni, delle affinità con Il giovane Holden, da una parte mi preoccupa, dall'altra mi incuriosisce. Quello di Salinger è uno dei miei libri preferiti e se da una parte mi sento attratta da storie affini, dall'altra ho il timore di restarne delusa. La verità è che di Holden, al mondo, ce ne sono pochi. Ho già letto l'introduzione quindi ho la consapevolezza di aver fatto una scelta che non mi racconterà il vero Murakami, ma ormai l'ho comprato e sono troppo curiosa.


Tra quelli non ancora acquistati ma su cui ho puntato gli occhi c'è Endgame - La chiave del cielo. Vi avevo parlato del primo della serie (qui) e credo che non sarò contenta fino a quando non li avrò letti tutti, anche solo per scoprire se e come continuerà a essere corale una volta arrivato alla fine. Stupidamente, mi sono affezionata a un paio di personaggi e adesso devo sapere come e quando usciranno di scena, con la speranza che i vincitori siano proprio loro.
  

Voi avete letto qualcosa o avete intenzione di leggerlo? Che state leggendo adesso?

Concludo il tutto con una postilla. Volevo solo avvertirvi del fatto che da ora in avanti potrei non pubblicare ogni venerdì. Magari ce la faccio, ma ho bisogno che non sia un obbligo a cui non posso sottrarmi. Il fatto è che mi sono accorta di non riuscire a star dietro a tutto. Ultimamente ho difficoltà pure a seguire i blog che mi piacciono, per cui spesso leggo senza lasciare commenti. Pensavo di essere più libera al lavoro ma finora non è stato così. E devo scrivere, accidenti. Ho tutte queste cose in fermento che aspettano che mi rimetta la lavoro e io riesco a dedicargli giusto un giorno a settimana. Non va bene, no no. 
Mi perdonate se sarò un po' meno presente? 

Emmosamente,
M.   

venerdì 27 novembre 2015

Hunger Games

Sebbene io mi trovi d'accordo con l'idea che il film è spesso meno bello del libro, apprezzo la rappresentazione cinematografica di una storia che ho letto. Probabilmente blatero e scalcio per gran parte del tempo perché certe cose non tornano o non sono realizzate come dovrebbero, ma blatero e scalcio nella mia testa, senza infastidire nessuno, e guardare un film o una serie tv insieme a me risulta comunque piacevole. Perché sto tessendo le mie lodi, proprio non lo so.


Con Hunger Games è andata all'incirca così. Il primo capitolo della saga l'ho letto più o meno contemporaneamente al film, pensando, dall'inizio alla fine, che ciò che avevano creato con scenografie e regia fosse una storia per ragazzi. Mi turbava il fatto che il libro non lo fosse affatto, e che, anzi, fosse una delle storie più tragiche che nella fantascienza mi fosse capitato di leggere. Hunger games appartiene alla tipologia che dice molto, molto più di quello che sembra. Le prime pellicole, purtroppo, non sono così profonde. Non che non siano belle, tutt'altro. Trovo che la scelta dell'attrice - la fighissima Jennifer Lawrence, vincitrice di un premio oscar - e del migliore amico Gale - uno dei fighissimi fratelli Hemsworth, Liam - siano perfette (ma non quella di Peeta, interpretato da Josh Hutcherson. Sembra che abbiano fatto apposta a prendere l'attore meno adatto per la parte). Trovo che l'ambientazione, i silenzi e i suoni, le emozioni, siano perfette. Insomma, mi sono piaciuti


Ma sono superficie.
Il libro è tutto il resto. Il libro non è la storia di una ragazzina che deve affrontare il nemico. Il libro è la storia di persone sottomesse, di giovani che devo uccidersi tra loro per il divertimento di altri. E l'ho scoperto solo rileggendolo. 
Volevo, in effetti, prepararmi all'uscita dell'ultimo capitolo della saga e ho ripreso in mano tutto. Ingnara di ciò che, dimenticate le scene del film, avrei trovato. C'è così tanto dolore, così tanta desolazione e così tanta rabbia da essere arrivata a chiedermi cosa avessi letto la prima volta.  
Tuttavia, non era colpa mia, quanto dei primi due film. Belli, bellissimi. Solo... film per ragazzi.
Non così il libro, tant'è che è stato, per molti aspetti, criticato per i cattivi insegnamenti e per i temi, un po' come The giver e il suo seguito. La colpa, se di colpa si può parlare, credo che sia quella di voler categorizzare a tutti i costi qualcosa in quel modo. Siccome c'è una ragazza di sedici anni, siccome è distopico e siccome è americano, è per ragazzi. Strano pensare che possa essere messo al pari di libri dello stesso genere che sono veramente per ragazzi, dal modo in cui si raccontano a quello in cui si presentano. 


Quando Katniss urla "Mi offro volontaria, mi offro volontaria come tributo!" sa di aver appena firmato la sua condanna a morte. È il giorno dell'estrazione dei partecipanti agli Hunger Games, un reality show organizzato ogni anno da Capitol City con una sola regola: uccidi o muori. Ognuno dei Distretti deve sorteggiare un ragazzo e una ragazza tra i 12 e i 18 anni che verrà gettato nell'Arena a combattere fino alla morte. Ne sopravvive uno solo, il più bravo, il più forte, ma anche quello che si conquista il pubblico, gli sponsor, l'audience.
Hunger games è la storia di una rivolta. Una rivolta contro il potere che costringe e toglie il respiro, che uccide, che impoverisce, che fa del male per godere del bene individuale. Katniss non è un personaggio simpatico. Affronta la sorte che le tocca con angoscia, rabbia e follia. Egoista, burrascosa, lunatica, è l'eroina che quasi mai si incontra in storie di questo tipo, quella che non sai se odiare o amare. I suoi pensieri, la sua voglia di smettere di combattere - non contro il nemico ma per la vita - il dolore che prova e che ripete, ripete e ripete ancora, entrano dentro. Entrano da qualche parte, lentamente, scavano e si fermano, si depositano lasciando il lettore turbato. Il terzo, sotto certi aspetti, è davvero difficoltoso. Il desiderio è che finisca il prima possibile perché tutto quel dolore e quel senso di impotenza sono difficili da mandare giù. Ed è proprio questo il suo bello. 
Lo stile è unico, forte, raramente artificioso ma mai semplice. 

Per quanto riguarda i film, i primi due sembrano la versione edulcorata del libro. Hanno tagliato lo strazio e l'angoscia e le hanno sostituite con tanta azione. La prima parte del terzo, che dalla maggior parte del pubblico è stato criticato, ha acquistato, secondo me, credibilità. Non perché sia più bello, ma perché è più vicino alla storia raccontata
Il terzo, che ho visto la settimana scorsa, è la giusta conclusione dell'intera saga. Fedele quanto basta al romanzo e per questo validissimo.
Vi lascio il trailer. 

  
Qualcuno di voi lo ha letto o ha intenzione di leggerlo? 
Qualcuno di voi lo ha visto o ha intenzione di vederlo?

Sono quasi riuscita a farlo passare per Dostoevskij. Eh, eh.  

M. 

Postilla: non me ne vogliano gli amanti di Dostoevskij. Era una battuta. 

mercoledì 25 novembre 2015

Blogtour "Il mio supereroe"

Questo post, totalmente imprevisto, è volto a:
- salutarvi: emmosi cari, come state?
- comunicarvi che oggi, 25 novembre, parte il blogtour de Il mio supereroe.

Per chi non lo sapesse, anche se credo che lo sappiate tutti, un book blogtour è un viaggio a tappe in vari blog che presentano, ognuno in modo diverso, un libro. 
Detto a parole mie: pillole e curiosità raccontate su dei fighissimi blog per permettervi di conoscere meglio i personaggi di un testo, le sue ambientazioni, l'autore, e tutto ciò che rientra nella categoria "pillole e curiosità". 
Ma anche: M. che girella per i blog saltellando allegramente da una parte all'altra fingendo di sapere cosa sta facendo.
Carino, vero?
Sì beh, il blogtour è carino, io che saltello allegramente, non lo so. Il fatto è che l'ho trovato, fin dalla sua scoperta, un'idea simpatica e dopo tanto ragionare mi sono decisa.




Ecco le tappe!

25 novembre - 1° TAPPA – Presentazione Blogtour + Incipit 
27 novembre - 2° TAPPA – Intervista all’autrice 
30 novembre - 3° TAPPA – Recensione 
2 dicembre - 4° TAPPA – Estratto 
4 dicembre - 5° TAPPA – I consigli natalizi di Angelica: le sciarpe 


Dai dai, seguiteCI!

M. saltellante

venerdì 20 novembre 2015

Punto di partenza?

Sono in una fase di passaggio delicata. Vengo da un periodo turbolento al lavoro, stressante, sotto vari punti di vista, con una voglia incredibile di scrivere e la minima idea di quale sia il punto di partenza. 


Per mesi ho dovuto rimandare. Volevo scrivere, volevo raccontare, creare quella storia che aveva preso vita nella mia testolina e che non riuscivo a tenere a freno, quella per cui ho buttato giù, pur non volendo, 60 pagine e che ho tenuto a freno costringendomi a prendere tempo. 
Ne avevo bisogno, seriamente. Avevo appena finito di scrivere un romanzo, volevo portare avanti il blog e allo stesso tempo prendere aria, staccare dal lavoro, sognare e liberarmi leggendo qualcosina. Qualcosina, in effetti, ho letto, visto che quest'anno ho messo in saccoccia, tra e-book e cartacei, una cinquantina di libri.
Ehm... per contarli mi sono persa. Il punto a cui volevo arrivare, che poi è anche il punto da cui sono partita, è che mi trovo, di nuovo, tra due fuochi. E ora che sono riuscita a prendere le distanze da entrambi, il romance e il fantascienza, devo scegliere quale dei due riprendere e mi sento persa.
AIUTO.
Entrambi hanno una storia costruita e ben delineata. Non devo pensare a cosa far fare ai personaggi o a dove farli andare perché hanno già una direzione e un senso, hanno già caratteristiche definite e forme note. Ed è proprio questo il problema. Facendo la pausa che tanto desideravo ho perso il pathos nei confronti de La Storiella, cosa non del tutto negativa, e quindi mi ritrovo a dover fare una scelta razionale. Buttarmi sul genere con cui mi sono fatta conoscere (eh, eh) o cambiare totalmente e riniziare da capo?
Non si tratta, ovviamente, solo di una scelta basata sui possibili, o non, lettori, ma anche su di me. I romanzi di fantascienza, perlomeno i miei, sono raccontati in modo completamente diverso dai miei romanzi rosa. Sottolineo miei, perché il romance non prevede, sempre e comunque, ironia. Ci sono tantissimi libri romantici drammatici, e quelli che non lo sono non si accompagnano necessariamente alle risate. I miei, fino a ora, sì. Anche se non vi hanno fatto rovesciare dal ridere, l'idea era quella di raccontare l'amore con tutti i suoi pregi e i suoi difetti e soprattutto con il sorriso sulle labbra. Mio, nella stesura e vostro, spero, nella lettura. 


Il mio fantascienza, no. La storia che alla base è seria, pesante, in tutto e per tutto distopica. Non solo per l'ambientazione ma anche per i sentimenti e i caratteri dei protagonisti. Le descrizioni abbondano, anche se non sono fondamentali, i lati difficili dei personaggi emergono non appena possibile, la serietà fa da padrona. Ma io non so se sono brava con la serietà. Non so se sono brava a raccontare storie così dense. Ed è questo il motivo per cui mi sono fermata e per cui, ancora adesso, sono ferma. 
Adoro la trama. Mi piace il mondo che ho costruito, la realtà in cui viaggiano le persone che ci ho messo. Eppure non so se piacerà agli altri. E a questo punto, dopo le tante cose che ho scritto e che non hanno portato a niente, mi chiedo: è giusto che continui per questa strada?
Forse devo solo trovare un beta reader. Che dite?

M. 

venerdì 13 novembre 2015

Tutto il resto

Avevo già fatto presente l'idea che scrivere un libro è solo il primo, piccolissimo passo. Fino a quando scrivevo per me stessa non era così. Scrivere era l'unico passo. Finire una storia, finire un libro, era già un'opera degna di onorificenze di tutti i tipi. Quando riuscii a terminare, dopo circa otto anni di lavoro, l'urban fantasy su cui lavoravo fin da ragazzina, sentii di aver raggiunto un grande risultato. Era solo il primo della saga e mi ci erano voluti anni per terminarlo, ma mi sembrava di aver compiuto un atto eroico. La corona d'alloro non bastava. Volevo la carrozza trainata dalle fatine e la coroncina più bella del reame.
Credo che quel testo non vedrà mai la luce. Povero lui, e poveri tutti quei bei personaggi. Rileggendolo oggi lo trovo, a tratti, un po' noioso. Prima ero molto più attratta dalle descrizioni, a differenza dei tempi attuali per cui leggerne di così lunghe e dettagliate mi fa arricciare il naso, cosa che mi riesce bene visto che ha una punta insolita. Come se non bastasse, storie come la sua erano, e sono state, raccontate da molti in modi eccezionali, per cui oggi mi pare quasi banale, anche se la trama è così complessa da chiedermi come diavolo sono riuscita a pensarla in quel modo. Il primo, quello compiuto, era la storia della madre. Il secondo, scritto a metà, quello della figlia e il terzo sarebbe dovuto essere la degna conclusione di una così lunga avventura pregna di dolore e misteri. Scelsi di inviarlo ad alcune case editrici, le grandi case editrici, e alcune più piccole specializzate nel genere, alla fine del primo. Durante la stesura del secondo, capii che non avrebbe ottenuto ciò che sognavo. 


Chi lo ha letto lo ha trovato bello, intenso e ha anche aspettato il continuo ma io avevo ormai voltato pagina. Non alla scrittura, non al genere, ma a quella storia. Non avevo ancora pensato concretamente al self-publishing e non credevo che lavorare su un libro significasse così tante cose. 
L'ho scoperto un anno fa, con la prima pubblicazione, e poi di nuovo un paio di mesi fa, con la seconda. Da sprovveduta qual ero, pensavo che la storia di un libro, la mia relazione con esso, finisse con la stesura. Al resto ci dovevano pensare gli altri. Alla giusta scelta del titolo, all'editing, alla scrematura. E poi alla pubblicazione. E dopo al marketing e alla promozione. Insomma, mi basavo su un sentito dire che prevedeva un lavoro immane da parte della casa editrice. 
Con l'autopubblicazione si sono aperti scenari nuovi: lavorare su un libro non significa solo scriverlo ma anche, e soprattutto, farlo crescere. Scegliere il titolo, scegliere la copertina, eliminare l'eliminabile, aggiungere ciò che serve. E poi scegliere la piattaforma di pubblicazione, inserirlo, decidere il prezzo, pubblicarlo. E dopo trovare il modo di promuoverlo, di farlo conoscere, di farlo arrivare dove dovrebbe arrivare.
L'ultimo è arrivato insieme a una M. editorialmente cresciuta (dai, ridete tutti insieme a me!), rispetto agli inizi, meno ingenua e più concreta (uhm), ma anche impreparata, immobile di fronte a ciò che non sapeva. Una M. che per evitare di infastidire troppo, dopo le paranoie dei primi due giorni, ha smesso di fare domande ed è stata a vedere come andava (proprio una geniA).
In questo secondo caso, mi sono occupata del prima - scriverlo - e del dopo - promuoverlo - , lasciando la parte centrale agli altri. Scoprire che quasi niente è stato modificato è stata una piacevole sorpresa. Il fatto che il mio prodotto arrivasse ai lettori così come era stato creato, dopo attente analisi, mi sembrava meraviglioso.  E facile. Oh sì, facile. Perché mi toglieva da un sacco di impicci quali dubbi, pensieri, domande, ansie. Aveva eliminato tutta quella parte che con il primo mi era sembrata insormontabile. Perché il lavoro su un libro, volenti o nolenti, prevede:
- un'idea e il suo sviluppo 
- la stesura e la/le sua/sue revisione/i
- l'editing
- la scelta del titolo e della copertina, la creazione della quarta di copertina
- la pubblicazione
- la promozione
- la paranoia. 
Le prime due appartengono solo agli autori e sono la magia più grande. L'ultima forse appartiene un po' a tutti, ed è una perversa ed elettrizzante agonia. Il resto no, o non del tutto. 
Per Il mio supereroe, le uniche cose che non ho seguito per niente sono state l'editing e la pubblicazione. Avevo scelto il titolo prima di inviarlo; la quarta di copertina è stata il risultato di un lavoro combinato e lo stesso vale per l'idea grafica e la promozione. La paranoia, come la stesura, era, ed è, solo mia. 
Ecco, non ne avevo idea. E non so se sia così con tutte le case editrici o solo con alcune. Però è chiaro, chiarissimo, che scriverlo, un libro, è solo il primo passo. Poi c'è tutto il resto.

Voi lo sapevate? 

In attesa che delle fatine steampunk mi trasformino in una principessa/scrittrice strafiga, vi saluto.
  
M.

venerdì 6 novembre 2015

Chi non legge/chi vuole scrivere

Trovo strano che uno dei consigli che si danno a una persona che vuole scrivere sia quello di leggere.  
No, scusate, mi sono espressa male. 
Trovo strano che ci sia bisogno di dire a una persona che vuole scrivere che deve leggere. A parer mio le due cose dovrebbero andare di pari passo. Secondo la mia modesta, modestissima opinione, senza leggere non si può scrivere perché mancherebbero pezzi fondamentali. Lo stimolo, la cusiosità, l'input, la presa visione di ciò che gli altri sanno fare, l'idea, la modalità di intreccio della storia, le caratteristiche dei personaggi. Lo stile. La capacità di emozionare. 
Scrivere un libro senza leggere mi pare impossibile. Eppure c'è bisogno di dirlo. Perché? Cosa spinge la gente che non legge a scrivere? Come puoi voler scrivere un libro se non hai idea di ciò che i libri ti comunicano? 


Quando ero più giovane (uhm) mi facevo meno problemi a dire che scrivevo. Non lo gridavo al mondo, però se usciva fuori l'argomento raccontavo questa parte di me senza farmi troppi problemi. Ma ero giov... piccola, e a parte i miei genitori e i miei amici più stretti, non mi prendeva sul serio nessuno. Gli adulti se ne uscivano con frasi tipo "oh, ma brava, e cosa scrivi?" non simulando in niente la loro vera idea, e cioè "povera sciocca marmocchia, dove pensi di andare?", i coetanei se ne fregavano perché, diciamocelo, a quell'età è facile fregarsene di qualunque cosa. 
Ad oggi le cose sono cambiate, ma nemmeno troppo. Le persone che conosco e che sanno che scrivo sono pochissime, e questo dovrebbe evitare le domande di rito e le insinuazioni, ma non è così, anzi. Tra le prime cose che chiedono/pensano c'è quella che io sia tutti i miei personaggi. Sarei Dafne, e di conseguenza D. sarebbe Alessio, ma sarei anche Angelica, e D. sarebbe Manuele. Quattro personaggi che non hanno niente a che fare l'uno con l'altro, se non per la mancanza di equilibrio e di normalità. 
Ciò farebbe di me una persona dissennata. 
Molto interessante. 
Ammetto che di me c'è molto, in tutti loro. Ci sono i gusti, ci sono le imperfezioni, ci sono le stranezze. In Dafne mi ritrovo per la timidezza e gli occhiali, in Angelica per la follia e l'ironia, ma nessuna delle due è me. Nessuna delle due si è plasmata sulla base di M. Tutto il contrario. Nel secondo caso, con Angelica, ho pensato a come io non avrei risposto, a come io non avrei reagito di fronte a certe situazioni, e le ho fatte sue. 
La seconda domanda che vi pongo, quindi, è: perché quando scrivi un libro la gente pensa automaticamente che il protagonista sia tu?
La terza, ancor più interessante, è: perché tutti vorrebbero scrivere un libro? Non so se ci avete fatto caso ma non è così strano che una persona salti fuori e dica "io ho una storia, ma una storia... prima o poi la scriverò", come se il problema di scrivere un libro fosse solo avere una storia. Io mi auguro di tutto cuore che la fantasia che mi rende la persona che sono non sia una mia peculiarità. Mi auguro che di persone che sognano, che immaginano, di persone visionarie, sia pieno il mondo. Ma non è che tutti devono scrivere un libro. 
O no? 
Il fatto che io abbia tante idee non significa che sarei in grado di creare un fumetto o di scrivere la scenografia di un film. Io non scrivo libri solo perché ho una grande fantasia. Io scrivo libri perché ho bisogno di scrivere. Ho bisogno di usare le parole, di trasformare un'idea in uno scritto, di emozionare gli altri come emoziono me stessa. Ho bisogno che le mie dita battano sui tasti e diano vita a un dialogo che altrimenti non esisterebbe se non nella mia testa. Ho bisogno che il personaggio che si delinea dentro di me prenda vita e cresca mano a mano che lo racconto. 


Non ho iniziato a scrivere storie perché volevo scrivere un libro. Ho iniziato a scrivere storie perché già da bambina sentivo che se non avessi trascritto in un quaderno ciò che pensavo avrei perso qualcosa. Avevo dodici anni quando ho sentito per la prima volta questa necessità. Me lo ricordo ancora. Non avevo idea di cosa avrei scritto, ma dovevo farlo. Che fossero frasi, una dietro l'altra, o il racconto della giornata precedente, poco importava. La necessità si è strutturata solo con il passare degli anni. Le frasi, i racconti, le idee, sono diventate storie quando avevo diciassette anni. Storie fatte bene, che piacessero o meno, a venticinque. 
Ma questa sono io. 
Per gli altri com'è?  Cos'è che spinge una persona a scrivere?

Dopo che vi ho stuzzicato con tutte queste domande spero che mi scuserete, ma non ho ancora fatto colazione e ho un assoluto bisogno di mangiare. 

Com'è che finisco sempre per parlare di cibo? 

M.

venerdì 30 ottobre 2015

Halloween: libri e castagne

Leggendo qua e là, parlando con la gente e uscendo, ho scoperto che l'autunno è una stagione molto amata. C'è chi lo apprezza perché la pioggia e i primi freddi costringono a un acciambellamento forzato nel divano con conseguente tè e lettura e c'è chi lo fa solo perché infastidito dalla calura estiva/primaverile. Visto che questo è un blog che ha la tendenza a parlare di lettura e scrittura (eh eh) pensavo di soffermarmi sui primi, in relazione ai quali mi sono venute delle domande a cui ho dato delle parziali risposte.
In particolare, mi sono concentrata sulle possibili letture autunnali. Nell'estate appena finita (sigh) avevo letto un libro decisamente molto interessante per il quale avevo scritto anche un lungo post con l'intenzione di diffondere cotal bellezza. Il problema è che in quel periodo stavo litigando di brutto con Blogger e questo portò a cancellare l'articolo in un piccolo puff, tipo quello dei cartoni animati. Questo puff impedì alla suddetta di raccontarvi Il genio e il golem, un libro dagli elementi fantastici ma vicino alla narrativa non di genere, così tanto da portare a perdere di vista che i due protagonisti sono degli esseri non umani. Mi era piaciuto perché raccontava una storia interessante in un ambiente classico che non mi sarei mai immaginata di trovare. Era un gran caldo fuori, e mentre scorrevo con il dito sul Kindle pensavo che avevo scelto il libro più sbagliato per quella stagione. Il genio e il golem (cliccando sul titolo trovate la scheda del libro) è un testo autunnale da accompagnare a una calda bevanda e, se possibile, a un bel gattone arrotolato vicino che tiene compagnia. Non al gelato, come ho fatto io.
In questa cornice stagionale in cui i colori sono un'indubbia dimostrazione di quanto possa essere magico questo periodo, si celebra una festa che mi ha sempre affascinato. Non certo per le strade invase da festanti gnomi che abbigliati da mostriciattoli/streghette/diavoletti suonano il campanello di Nonne Papere nostrane gridando "dolcetto o scherzetto?" con conseguente "Cheeee? Chiiiiii?" Quando successe a me, colta del tutto impreparata, l'unica cosa che avevo da offrire erano Pocket Coffee e Mon Chérie. Al tempo pensai che riempire le loro colorate borsette di caffè e liquori non fosse la cosa migliore, così, imbarazzata per la palese imperizia, chiusi la porta profondendomi in mille scuse. 


Halloween, per gli appassionati di storia e leggende, racconta però molto altro. Tanto per cominciare, racconta una tradizione lontana da noi, ma nemmeno così lontana, che ha origine nella terre dei celti in cui le vecchie tradizioni, come spesso succede, si sono unite alle nuove originando feste religiose.
Un altro valido motivo per cui riesce a stregare me è che i personaggi che per tanto tempo mi hanno abbindolata con le loro storie, e cioè streghe, maghi, mostri e vampiri, sono tutti collegati a questo passato che si è poi trasformato in molto altro.
Quando ero una ventenne mi divertivo a fare la zucca e a preparare i semi in forno, immergendomi in letture adeguate all'atmosfera magica e tetra di quei giorni. Oggi, da trentenne, mi limito a pensare che Halloween ha una storia molto più interessante di ciò che vediamo nei negozi e nelle pasticcerie. 
Sempre da trentenne, l'idea di comprare una zucca per svuotarla e farne una faccia mi fa storcere il naso, soprattutto perché non mi piace e dovrei buttare tutto il contenuto. Per fortuna è tempo di castagne, e qui in Toscana le mangiamo come dessert, come spuntino, usiamo la loro deliziosa farina per farne dolci, polente, e ci creiamo marmellate per tutto l'autunno, quindi credo proprio che ne infilerò una montagna in forno e che le offrirò ai festanti gnomi, deludendoli perché sono poco zuccherose e perché la quantità è quasi nulla (non sono così disposta a condivederle).
Venendo al dunque, armandoci di tè/castagne/semi di zucca, ho pensato di segnalarvi i libri che secondo me sono giusti per questo periodo: 
- Harry Potter, tutta la saga, J. K. Rowling
- Carmilla, Sheridan Le Fanu
- Dracula, Bram Stoker
- La contessa nera, Rebecca Johns
- Il discepolo, Elisabeth Kostova
- Il monaco, Matthew Gregory Lewis


Halloween: lo odiate, lo amate o vi è del tutto indifferente? Leggete qualcosa di particolare in questo periodo? Avete letto qualcuno di questi libri? Ne consigliate altri?

M.