La prima persona mi piace un sacco. La preferisco, senza alcun dubbio, alla terza. Non che non trovi quest'ultima accattivante. Ci sono delle storie che funzionano alla grande con un punto di vista che si muove da un personaggio all'altro; alcune lo necessitano, addirittura. Non escludo di provarla anch'io, un giorno, ma per il momento la prima persona è la mia preferita. Lo è nei libri che leggo e in quelli che scrivo. Nei libri che leggo, il fatto che il racconto sia portato avanti dal personaggio stesso e che io possa identificarmi con lui mi permette un'empatia totale che mi fa vivere la storia in modo più intenso.
In questi giorni, ad esempio, sto leggendo un libro che ha fatto furore, che nel suo genere è considerato un capolavoro e che è il primo di una saga piuttosto lunga. Non credo che leggerò il seguito. Non so nemmeno se riuscirò a finirlo. Il fatto che sia raccontato in terza persona e che si seguano cinque o sei personaggi allenta la tensione e mi fa venir voglia di saltare le pagine. E io non salto le pagine. Capirei se fossero tutti personaggi principali ma solo due di loro lo sono, o almeno credo. Il resto dovrebbe servire a far capire il contesto, anche se questo viene raccontato pure dai protagonisti e dalla storia in sé. Insomma, con me non funziona. E mi chiedo: se fosse stato in prima persona mi avrebbe fatto un effetto diverso?
In questi giorni, ad esempio, sto leggendo un libro che ha fatto furore, che nel suo genere è considerato un capolavoro e che è il primo di una saga piuttosto lunga. Non credo che leggerò il seguito. Non so nemmeno se riuscirò a finirlo. Il fatto che sia raccontato in terza persona e che si seguano cinque o sei personaggi allenta la tensione e mi fa venir voglia di saltare le pagine. E io non salto le pagine. Capirei se fossero tutti personaggi principali ma solo due di loro lo sono, o almeno credo. Il resto dovrebbe servire a far capire il contesto, anche se questo viene raccontato pure dai protagonisti e dalla storia in sé. Insomma, con me non funziona. E mi chiedo: se fosse stato in prima persona mi avrebbe fatto un effetto diverso?
Quando scrivo, la prima persona mi permette di diventare un tutt'uno con il personaggio che racconto e che a sua volta racconta, origino empatia tra me e lui/lei e credo che sia questo il primo passo per crearla anche con il lettore. Le mie protagoniste sono donne, ragazze dai mille difetti, e mi impegno al massimo per caratterizzare ognuna di loro in modo diverso. Con i gesti, con i pensieri, con gli atteggiamenti, con il linguaggio. Impiego un sacco di tempo a pensare a come sarà, come si muoverà, cosa dirà. Il suo modo di fare, il suo carattere, sono unici. Imperfetti e unici.
Il problema è quando devo mettermi nei panni di un uomo. Le cose, in questo caso, cambiano e diventano molto... complicate.
Il problema è quando devo mettermi nei panni di un uomo. Le cose, in questo caso, cambiano e diventano molto... complicate.
Questa riflessione nasce per due motivi. Il primo è che ho ricevuto una "critica" da un lettore uomo. Molto costruttiva ma pur sempre critica. I due libri che ha letto gli sono piaciuti molto (il fatto che siano piaciuti a un essere di sesso maschile mi fa saltellare) ma mi ha fatto presente che ha trovato i personaggi maschili un po' carenti. Nel caso di Alessio, non posso dargli torto. Uno dei motivi per cui è nata La versione di Alessio era che in Innamorarsi ai tempi della crisi era appena delineato. Giusto un accenno. Nel caso di È qui che volevo stare, invece, i due personaggi maschili sono esattamente come volevo che fossero. Se Michele vi sembra solo un bulletto e Tommaso il calssico tipo silenzioso, allora va bene. Era quello il mio intento. Tuttavia so che hanno un carisma diverso rispetto alle protagoniste femminili e su questo potrei indubbiamente lavorare.
Il secondo motivo è quello che mi ha spinto a scrivere questo post lunghissimo. Vi ricordate La Storiella, quella che poi è diventata La Storia? Ecco, rimanete qui, rimanete su questo. Nel testo in questione il personaggio maschile è molto, molto delineato. Direi che il libro, pur essendo raccontato da lei, è lui. La Storia è lui. E dopo lunghe riflessioni ho deciso di inserire una piccola parte raccontata da questo gran pezzo d'uomo.
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Cacchio, quanto è difficile. Cosa pensa un uomo? Ok, è chiaro che i sentimenti che prova sono gli stessi che prova una donna ma... come li sente? Succede come a noi, in cui ciò che arriva dalla pancia si mischia a ciò che arriva dalla testa e a ciò che arriva dal petto? O quello che arriva dalla pancia, e che potrebbe arrivare da un po' sotto la pancia, è più forte del resto? Gli uomini non si fanno certo tutte le paranoie che ci facciamo noi. E non pensano continuamente a cosa potrebbe pensare lei, al perché non fa o fa una cosa, al perché aspetta 5 minuti in più a chiamare. O sì?
E il sesso? Quanto di ciò che per noi potrebbe arrivare come sentimento all'uomo arriva solo come sesso? La distinzione tra le due è chiara?
Raccontare il POV di Alessio è stato difficile, ma non così difficile. Alessio ha un bel carattere. Alessio è piuttosto solare e "normale".
Lui, il lui de La Storia, il gran pezzo d'uomo, assolutamente no. Ho cercato di infiltrarmi nella sua mente come ho fatto per tutto il tempo in cui ho raccontato il loro vissuto dal punto di vista di lei ma farlo da dentro, dall'interno, è molto più complicato. Fino a quando si tratta di descrivere degli atteggiamenti, fino a quando si tratta di parlare di ciò che vede lei, è fattibile. Ma stare nella sua testa... cacchio, che fatica. Mi sembrava così strana. Così... rapida.
Ha senso ciò che dico?
Ha senso ciò che dico?
Ieri sera, appena ho finito di buttare giù il pezzo in questione, ho chiamato D. e l'ho pregato di leggere ciò che avevo scritto. Quando ha finito mi ha guardato e mi ha detto: ci sta. Ci sta tutto. E io mi sono sentita felice come se mi avesse detto che se mangiassi un quintale di gelato alla Nutella non ingrasserei.
Voi come siete messi con i punti di vista? Quale preferite?
Avete qualche consiglio sul POV maschile?
M.