venerdì 29 aprile 2016

Il punto di vista

La prima persona mi piace un sacco. La preferisco, senza alcun dubbio, alla terza. Non che non trovi quest'ultima accattivante. Ci sono delle storie che funzionano alla grande con un punto di vista che si muove da un personaggio all'altro; alcune lo necessitano, addirittura. Non escludo di provarla anch'io, un giorno, ma per il momento la prima persona è la mia preferita. Lo è nei libri che leggo e in quelli che scrivo. Nei libri che leggo, il fatto che il racconto sia portato avanti dal personaggio stesso e che io possa identificarmi con lui mi permette un'empatia totale che mi fa vivere la storia in modo più intenso. 
In questi giorni, ad esempio, sto leggendo un libro che ha fatto furore, che nel suo genere è considerato un capolavoro e che è il primo di una saga piuttosto lunga. Non credo che leggerò il seguito. Non so nemmeno se riuscirò a finirlo. Il fatto che sia raccontato in terza persona e che si seguano cinque o sei personaggi allenta la tensione e mi fa venir voglia di saltare le pagine. E io non salto le pagine. Capirei se fossero tutti personaggi principali ma solo due di loro lo sono, o almeno credo. Il resto dovrebbe servire a far capire il contesto, anche se questo viene raccontato pure dai protagonisti e dalla storia in sé. Insomma, con me non funziona. E mi chiedo: se fosse stato in prima persona mi avrebbe fatto un effetto diverso?

Quando scrivo, la prima persona mi permette di diventare un tutt'uno con il personaggio che racconto e che a sua volta racconta, origino empatia tra me e lui/lei e credo che sia questo il primo passo per crearla anche con il lettore. Le mie protagoniste sono donne, ragazze dai mille difetti, e mi impegno al massimo per caratterizzare ognuna di loro in modo diverso. Con i gesti, con i pensieri, con gli atteggiamenti, con il linguaggio. Impiego un sacco di tempo a pensare a come sarà, come si muoverà, cosa dirà. Il suo modo di fare, il suo carattere, sono unici. Imperfetti e unici

Il problema è quando devo mettermi nei panni di un uomo. Le cose, in questo caso, cambiano e diventano molto... complicate. 

Questa riflessione nasce per due motivi. Il primo è che ho ricevuto una "critica" da un lettore uomo. Molto costruttiva ma pur sempre critica. I due libri che ha letto gli sono piaciuti molto (il fatto che siano piaciuti a un essere di sesso maschile mi fa saltellare) ma mi ha fatto presente che ha trovato i personaggi maschili un po' carenti. Nel caso di Alessio, non posso dargli torto. Uno dei motivi per cui è nata La versione di Alessio era che in Innamorarsi ai tempi della crisi era appena delineato. Giusto un accenno. Nel caso di È qui che volevo stare, invece, i due personaggi maschili sono esattamente come volevo che fossero. Se Michele vi sembra solo un bulletto e Tommaso il calssico tipo silenzioso, allora va bene. Era quello il mio intento. Tuttavia so che hanno un carisma diverso rispetto alle protagoniste femminili e su questo potrei indubbiamente lavorare.
Il secondo motivo è quello che mi ha spinto a scrivere questo post lunghissimo. Vi ricordate La Storiella, quella che poi è diventata La Storia? Ecco, rimanete qui, rimanete su questo. Nel testo in questione il personaggio maschile è molto, molto delineato. Direi che il libro, pur essendo raccontato da lei, è lui. La Storia è lui. E dopo lunghe riflessioni ho deciso di inserire una piccola parte raccontata da questo gran pezzo d'uomo.
...
Cacchio, quanto è difficile. Cosa pensa un uomo? Ok, è chiaro che i sentimenti che prova sono gli stessi che prova una donna ma... come li sente? Succede come a noi, in cui ciò che arriva dalla pancia si mischia a ciò che arriva dalla testa e a ciò che arriva dal petto? O quello che arriva dalla pancia, e che potrebbe arrivare da un po' sotto la pancia, è più forte del resto? Gli uomini non si fanno certo tutte le paranoie che ci facciamo noi. E non pensano continuamente a cosa potrebbe pensare lei, al perché non fa o fa una cosa, al perché aspetta 5 minuti in più a chiamare. O sì?  
E il sesso? Quanto di ciò che per noi potrebbe arrivare come sentimento all'uomo arriva solo come sesso? La distinzione tra le due è chiara? 
Raccontare il POV di Alessio è stato difficile, ma non così difficile. Alessio ha un bel carattere. Alessio è piuttosto solare e "normale". 
Lui, il lui de La Storia, il gran pezzo d'uomo, assolutamente no. Ho cercato di infiltrarmi nella sua mente come ho fatto per tutto il tempo in cui ho raccontato il loro vissuto dal punto di vista di lei ma farlo da dentro, dall'interno, è molto più complicato. Fino a quando si tratta di descrivere degli atteggiamenti, fino a quando si tratta di parlare di ciò che vede lei, è fattibile. Ma stare nella sua testa... cacchio, che fatica. Mi sembrava così strana. Così... rapida.
Ha senso ciò che dico?
Ieri sera, appena ho finito di buttare giù il pezzo in questione, ho chiamato D. e l'ho pregato di leggere ciò che avevo scritto. Quando ha finito mi ha guardato e mi ha detto: ci sta. Ci sta tutto. E io mi sono sentita felice come se mi avesse detto che se mangiassi un quintale di gelato alla Nutella non ingrasserei.  

Voi come siete messi con i punti di vista? Quale preferite? 
Avete qualche consiglio sul POV maschile? 

M. 

martedì 26 aprile 2016

Blogtour #10: Storia in sei parole

Non sono tipo da citazioni. Questo perché non me le ricordo. Ho una memoria curiosa che si rammenta delle cose inutili ma non di quelle importanti. La storia, la letteratura, che tanto amo, si perdono. Le baggianate, tipo cosa ha detto D. quel determinato giorno a quella determinata ora quando indossavo quel determinato vestito, sono fisse. Tipico femminile, senza dubbio

Ecco, ho fatto la premessa troppo lunga. Vengo al dunque: oggi ospito (cielo, come mi sento importante!) il blogtour di Michele Scarparo del blog Scrivere per caso, nello specifico, la meravigliosa Storia in sei parole. Se non fosse chiaro, io adoro questa rubrica. Il compito da svolgere è semplice: raccontare una storia usando solo sei parole. Non è spettacolare? 

Le tappe precedenti:
Marina (Il Taccuino dello Scrittore) – Thriller paratattico
Simona (SCRITTI A PENNA) – Una storia in sei parole
Helgaldo (da dove sto scrivendo) – Acchiappami
Chiara (Appunti a Margine) – Una storia in sei parole 
Sandra (ilibridisandra) – Acchiappami
Lisa (de agostibus) – Una storia in sei parole
Giulia Mancini (Liberamente Giulia) – Una storia in sei parole 
Seme Nero (Semi d’inchiostro) – Thriller paratattico
Barbara Businaro(Webnauta) – Acchiappami in versione guarda che quarta
M.(Il mondo di M.) – Una storia in sei parole

Le tappe future:
Silvia (Lettore creativo) – Thriller paratattico – 28 aprile
Chiara (Appunti a Margine) – Una storia in sei parole – 4 maggio 
 Andrea (Anonima Andrea Cabassi) – Una storia in sei parole – 10 maggio

Qualcuno di voi potrebbe chiedersi cosa c'entra la intro. Bene. Il tema scelto per oggi è da ricondurre a una citazione di Mark Twain che mi piace un sacco. Credo di averla sentita per la prima volta in una versione un po' rivisitata perché non si parlava di umorismo quanto di ironia. E l'ho presa al volo. Pessimista al punto giusto, deposito ironia a destra e a manca, pure nelle storie in sei parole.
La frase su cui dovete costruire una storia, per l'appunto, è questa:
La segreta fonte dell'Umorismo stesso non è la gioia, ma il dolore. Non c'è umorismo in paradiso.
Rimanendo fedele al concetto di mezzo pieno o mezzo vuoto, inizio con la mia:  
Per me manca anche il bicchiere. 

Tocca a voi! Sbizzarritevi!

M.  

mercoledì 20 aprile 2016

Blogtour, 5° TAPPA - "È qui che volevo stare"

Buongiorno cari. 
Si conclude oggi il Blogtour di È qui che volevo stare e sono molto felice di annunciarvi che sarà proprio Il mondo di M. a ospitare l'ultima tappa, quella dedicata all'estratto del romanzo. Dopo lunga riflessione ho decretato che sarebbe stato carino farlo finire nel blog dell'autrice, cioè io.  
Uh. Sono emozionata. Molto emozionata.
Per i nuovi arrivati: ciao, io sono Monica ma qui tutti mi chiamano M. (non è vero, non lo fa nessuno) e sono un'autrice. È qui che volevo stare è mio. Benvenuti! 
Per i vecchi: emmosi cari. Emmosi. Oddio, non so che dirvi, sono troppo emozionata.
Vado al dunque


  
 Se avete intenzione di leggere il libro, se lo avete già letto ma soprattutto se volete vincerne una copia, non perdetevi le tappe precedenti!

13 aprile - 2° TAPPA – I luoghi della gita
15 aprile - 3° TAPPA –  Recensione
Briciole di parole
18 aprile - 4° TAPPA – Intervista
20 aprile - 5° TAPPA – Estratto

Per partecipare al giveaway basta seguire queste semplici regole:
- mettere mi piace alla pagina Facebook dell'autrice:
Monica Brizzi
- mettere mi piace alla pagina Facebook dei blog che ospitano il Blogtour
- lasciare un commento con e-mail e rispondere alla domanda: qual è stata la gita più bella?


Il nome del vincitore verrà comunicato venerdì sera sulla mia pagina Facebook! Avete ancora tre giorni di tempo per commentare e vincere una copia del libro!



Trama:

Una promessa fatta dieci anni prima. Tornare in Grecia, ancora una volta, tutti insieme. È questa l’idea che spinge un gruppo di trentenni a ripetere la gita dell’ultimo anno di scuola.

Peccato che Sofia, una ventinovenne così rossa e piena di lentiggini da essersi meritata il soprannome di Gnomo, non sia pronta a ritrovare tutti, soprattutto Michele, l’ex da cui cerca di scappare. Ma anche Giusti e Paolucci, l’imbucato Martinelli, le ragazze della E, il professore di storia dell’arte, la bidella, Tommaso, l’amico di sempre, il ragazzo di Ragioneria che conosce sin dai tempi delle medie. Tra strane scoperte, nuovi amori, tradimenti, serate in discoteca, pianti e risate a non finire, immersa nella Grecia delle grandi divinità, Sofia riuscirà una volta per tutte a sconfiggere la sua chimera? 

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 Estratto

Camminiamo con decisione, anche se dovrei dire che Anita e Roberta lo fanno perché io mi gratto la faccia e cerco una via di fuga, e arriviamo. Arriviamo. Oh sì, arriviamo.
E Michele è la prima cosa che vedo. È più muscoloso dell’ultima volta e probabilmente alla sua collezione di tatuaggi si è aggiunto qualcos’altro ma cerco di non pensarci. Non che guardare il suo viso mi crei meno problemi. Ha i capelli corti e biondi e sopracciglia chiarissime che incorniciano occhi scuri e sottili. Se non sapessi che tipo è, potrei quasi definirlo serio e composto. Se non ci fossero quelle linee nere tatuate sul collo e sul mento che scivolano sotto la maglietta degli AC/DC.  
No, d’accordo, non è possibile definirlo serio e composto.  
I sentimenti che provo per lui da una vita vengono a galla, tutti, nell’arco di un secondo e mi blocco in mezzo alle sedie. L’affetto, l’odio, il rancore, la simpatia, l’odio, il rancore. Il rancore, l’odio. Ho già parlato di odio e rancore?   
Come se niente fosse continuo a camminare, mi mostro interessata alle mattonelle del pavimento, alla gente che chiacchiera sulle sedie, a ciò che c’è oltre le finestre ma è lampante che voglio finire il prima possibile questa passerella. Michele sorride ad Anita e Roberta che sono qualche passo avanti a me e si gira nella mia direzione. Mi sistemo meglio la borsa sulla spalla e prima che possa rendermene conto è arrivato.  
Non so dove mettere le mani, né se devo dire qualcosa così decido di fermarmi e stare zitta. Anche lui non si muove ma dura solo un istante perché poi mi abbraccia. Non riesco ad avvolgere le braccia intorno al suo corpo, non dopo l’ultima volta.  
«Ehi», sussurra al mio orecchio. Il suo naso inspira il mio odore e lo sento tra i miei capelli mentre muove le mani tentando di catturarmi. Mi sta avvolgendo come una piovra, maledizione.  
«Oh, oh! Potete anche evitare di fare un filmino porno dentro l’aeroporto, no?» protesta Anita infilandomi un dito tra le costole. Sembra il preside in persona, tanto è contrariata, il che equivale a dire il Male puro.  
«Guarda chi c’è!» esclama Martinelli.  
Martinelli. 
Martinelli? Cosa ci fa Martinelli qui? Era il tipo più strano di tutta la scuola e non era in classe nostra. Michele e io ci separiamo e a questo punto mi rendo conto di quanta gente c’è intorno a me. Dovevamo essere sette e invece siamo quindici e tra le varie persone c’è il professore di storia dell’arte che aveva ventisette anni quando ci ha presi in terza liceo, la bidella con cui se la faceva, Lorenzo, di Ragioneria, una tipa della seconda F e due della terza E. Dov’è la mia classe? Che ci fanno queste persone con noi? 
Arriccio la bocca trattenendo la voglia di vomitare alla vista delle due pettegole della E e mi guardo intorno senza salutare nessuno. 
No, no e poi no. Già andare in vacanza con lui è assurdo, figuriamoci portarmi dietro tutta questa gente che ero riuscita a eliminare dalla mia vita. Michele mi fa un sorriso enorme e io penso che forse solo per questo vale la pena, anche se poi mi ricordo che l’ultima volta l’ho mollato io. Allungo la bocca in un sorriso molto poco sincero, mi incammino, saluto rapidamente tutti e il mio viso cambia completamente espressione nel vedere Tommaso. La mia chimera.  Provo una marea di emozioni, tutte insieme, e non so come classificarle, non so come gestirle, non so come sedimentarle. L’unica che estrapolo dal groviglio è che manca l’aria. Aria, ecco cos’è che mi ha sempre tolto. Averlo accanto crea uno scompenso di ossigeno per il quale tutto il mio corpo si immobilizza.  
No, non posso farcela. Non posso averli tutti e due intorno. 
Sto per vomitare ma sarebbe terribile farlo qui. Qualcuno potrebbe lanciare l’allarme contagio da fungo velenoso rovinando la vacanza a tutti. Già vedo il servizio al telegiornale in cui in pieno stile L’esorcista vomito nel gate e impedisco a centinaia di persone di fare il viaggio per il quale hanno risparmiato per un anno. Il giornalista intervista una vacanziera che dice: «era lì, tutta rossa. Aveva i capelli rossi, la pelle rossa, ed era posseduta dal demonio!» 
No, non è proprio il caso. Infilo in una sezione di me stessa le sensazioni dirompenti che mi assalgono e sorrido. È un sorriso falso quanto le tette della tipa della seconda F, ma è l’unica arma che ho per combattere questa strana battaglia.  
Fingere. L’unica soluzione è fingere.  
Ok. Tommaso. Va tutto bene. 
M.

VIP (very important postilla): è un romanzo rosa. Ironico, ma molto rosa. Volevo essere certa che lo sapeste.