Me compreso
Il bar dove finiamo per andare tutti, in una città piccola come
quella in cui viviamo, è il bar più frequentato in assoluto. Ogni tanto mi
chiedo perché non proviamo qualche altro posto, perché non usciamo da questo
piccolo mondo, ma poi mi accodo al gruppo e mi diverto, in qualche modo.
Stavo chiacchierando con gli altri delle ultime novità a
proposito del sistema politico e sociale del nostro paese quando l’ho vista. Le
opali che aveva al posto degli occhi erano luminose da far paura e risaltavano
sulla sua pelle chiara. Era avvolta in una sciarpa da cui uscivano ciuffi di
capelli ed era uno spettacolo da guardare.
Mi sono immobilizzato come un cretino. Francesco mi ha dato una
pacca sulla spalla ma nemmeno me ne sono accorto. Non riuscivo a smettere di
guardarla e di sicuro non l’avrei fatto se Giada e Sara non avessero iniziato a
ronzarmi intorno. Sono pressoché uguali, troppo bionde e troppo truccate, e
sono anche uscito con una delle due per un paio di settimane, Giada. Da allora
me la ritrovo intorno sempre più spesso.
«Ale, tutto bene?» ha domandato smorfiosa. «Sì, voi?» ho chiesto senza perdere di vista Dafne. Cxxxo, se ne stava andando.
A malapena ho sentito la risposta che dava la bionda.
«Scusate.» Mi sono congedato senza nemmeno guardarle. Non volevo
che Dafne pensasse che stavo uscendo con qualcun'altra. In effetti da quando
l’avevo conosciuta non mi era nemmeno passato per la mente di frequentare una
ragazza che non fosse lei.
L’ho vista, in fila al bar, e ho visto anche l’occhiolino che il
barista le ha fatto. Mi ha provocato una fitta di fastidio.
«Hai già pagato?» le ho chiesto una volta arrivatole vicino. Si
è girata verso di me e ha fatto cenno di no con la testa. Mi faceva uno strano
effetto l’idea che non riuscisse a parlare per causa mia. Mi faceva piacere
pensare che le provocassi lo stesso casino che lei provocava a me.
«Allora faccio io.»«…»
«Ti ho vista venire verso il bar e ho deciso di seguirti.»
Il barista ci ha servito le nostre birre e lei l’ha subito
portata alle labbra. Sì, decisamente, l’idea di provocarle tutto quel casino mi
piaceva da morire.
«Andiamo fuori, che dici?»«Mm mm.»
Ho sorriso sentendola mugugnare e mi sono incamminato verso un
muretto, a qualche passo dai tavolini. «I tuoi amici ci guardano.»
«Mmm. Mi dispiace», ha detto lei imbarazzata. «E di che?»
«…»
«Volevi stare con loro?»
«No», ha risposto velocemente e il sorriso da cretino è tornato
sul mio viso. «Tu volevi stare con i tuoi?»
«No, non direi», ho replicato. Ho allungato una mano verso di lei
e ho liberato una ciocca di capelli dalla sciarpa. Lei ha osservato il
movimento del mio braccio quasi con paura e io mi sono domandato cosa diavolo
stessi facendo. Ci stavo mettendo in un casino troppo più grande di noi ma non
riuscivo a venirne fuori.
Ha arricciato il naso e ha portato la bottiglia alle labbra. Quanto
avrei voluto essere quella bottiglia.
Ho scacciato con forza il pensiero e ho ripreso a parlare. Di
noi, del mondo, della gente che avevamo intorno, della mia ex che ci era
rimasta male perché le avevo detto che c’era una che mi piaceva, della scuola
che abbiamo fatto.
«Sarebbe stato carino conoscere la Dafne adolescente», ho detto.
«Sarebbe stato inutile. Non parlavo.»
«Mai?»
«Praticamente no.»
«Avrei parlato abbastanza io per entrambi», ho ammesso.
«Eri un chiacchierone?» ha domandato curiosa.
«Direi di sì. Ero uno di quelli sempre al centro dell’attenzione. Mi piaceva starci.»
«Allora non mi avresti parlato mai», ha detto sistemandosi meglio gli occhiali.
«Perché?»
«Ero quella che tutti scansavano.»
Di nuovo una fitta di fastidio. Come poteva esistere qualcuno che la scansava?
«Tutti. Io non sono tutti.»
«A 18 anni tutti siamo tutti.»
«Non ne sono sicuro.»
Io non l’avrei mai scansata. Era troppo intelligente perché la
gente non le girasse intorno come fanno i pianeti con il sole. Ed era buffa. Mi
faceva ridere come poche persone riuscivano a farlo.
«Io penso di sì.»
«Non possiamo tornare indietro nel tempo per verificare. Concludiamo
dicendo che a 30 anni non tutti siamo tutti.»
«No, a 30 anni no», ha risposto portandosi la bottiglia alle
labbra. Mi attiravano come un magnete ma sono riuscito, di nuovo, a portare
avanti la conversazione ed è stato uno spettacolo. Quando Francesco e gli altri
sono venuti a chiamarmi per dirmi che sarebbero andati a casa di Simonetta
avrei voluto mandarli a quel paese.
Lei si è alzata facendomi un segno con la mano, si è avviata
verso i suoi amici e io le sono corso dietro lasciando tutti di stucco, me
compreso.
«Mi dai il tuo numero?»«…»
«Il tuo numero di telefono.»
Se mi avesse detto di no avrei preso fuoco. No, stavo già
prendendo fuoco.
Quando me l’ha dato l’ho segnato in rubrica e le ho fatto uno
squillo. Avevo un sorriso così ampio da sembrare un cartone animato che non mi
ha abbandonato nemmeno mentre, in senso contrario alla marcia, tornavo dagli
altri.
Domenica notte/mattina, ore 3.05:
Non so perché ero andato da Simonetta. Non me ne fregava niente
di stare lì e appena ascoltavo quello che dicevano gli altri.
> No> Che fai?
> Leggo. Tu?
> Sono a casa di un’amica ma non ho molta voglia di stare qui
> Perché ci stai?
> Perché se vado a casa mi pento di non averti chiesto di passare la notte con me
Avevo appena finito di scriverlo che già mi ero accorto di aver
fatto una sxxxxata. Non voleva baciarmi perché aveva paura che la trattassi
come tutti e io le facevo credere di volermela portare a letto. Non che non
volessi, lo volevo terribilmente. Ma non volevo solo quello. Volevo lei.
> …
> Non in quel senso. Mi dispiace che non siamo rimasti
insieme. Non voglio portarti a letto
> …> Non voglio solo portarti a letto, va meglio?
Cxxxo.
> …
> Ahahahaha! Dai! Sono stato bravo. Non ho più provato a baciarti
> …
> Quando riprendi a parlare?
> Chiacchieri ancora troppo come quando avevi 18 anni :p
Francesco si è voltato verso di me quando sono scoppiato a ridere.
> E tu continui a essere silenziosa come quando ne avevi 18 :D
> Io adesso sono una chiacchierona, a confronto
> Ma non dicevi niente niente?
> Poco
> Eri una secchiona? ;)
Con il quoziente che si ritrova, sicuramente.
> Sempre stata. Tu?
> Al liceo non ero un fenomeno
> …
«Ohi Ale, che ne dici di una partita a poker?» ha domandato Francesco.
Ci ho pensato qualche istante. Avrei voluto dire che non ne
dicevo proprio niente ma avevo scelto di stare lì con loro e non con lei,
quindi ho rimesso il cellulare in tasca e mi sono unito al resto del gruppo.
Ero nella mxxxa come mai mi
era capitato nella vita.
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