Dopo una lunga ed estenuante settimana riprendo in mano la mia normalità. Causa di scompiglio e costernazione, nonché congestione nasale, è stata l'influenza. L'influenza con la I maiuscola, quella di cui i telegiornali parlano per giorni e giorni a partire da settembre, prevedendo che tra gennaio e febbraio il simpatico virus infilerà a letto una bella porzione di popolazione. Ne ho sempre sentito parlare e non l'ho mai presa, quindi non capivo bene di cosa si trattasse e non mi rendevo conto di cosa fossero "quei dolori" che ti senti dappertutto. Non fino a quando la mia temperatura corporea non è salita a 40.2. Il simpatico virus non solo ha infilato a letto me, ma anche D., quindi ci siamo ritrovati entrambi colpiti dal Mostriciattolo, incapaci di procacciarci del cibo e ovviamente di cucinarcelo.
Quando finalmente la mia temperatura sembrava essere tornata normale ci si è messa anche la debolezza. Il postino, proprio quel giorno, aveva deciso di comunicarmi che c'era "posta da firmaaareeee!" e io, coraggiosa, ho scelto di lanciarmi per le scale scontrandomi con correnti gelide provenienti da alte montagne (eh?) che riuscivano a entrare da pertugi murali (solitamente chiamati finestre) per firmare un documento (o una bolla imperiale? A questo punto, tanto che ci sono, folleggio in totale libertà). Rientrata in casa mi sono infilata di faccia dentro i giubbotti appesi all'attaccapanni.
- Tutto bene? - ha chiesto D.
- Mi gira la testa -, ho riposto smangiucchiando il mio cappotto. D, vincendo il Mostriciattolo, si è offerto di venirmi in aiuto ma io ho biascicato: - No, no. Io sto qui.- Lui mi ha abbracciata per portarmi a sedere da qualche parte e io, aggrappandomi a tutto quello che potevo a braccia spalancate, ho detto: - Non ce la faccio. Se mi muovo cado. Lasciami qui. -
- Se rimani in questo modo ti faccio una foto -, ha detto lui ridacchiando.
Dovevo essere ridicola, schiacciata contro una parete con addosso un pigiametto assurdo (che aveva visto pure il postino) e le braccia agganciate alle sciarpe. Forse è per questo che sono scoppiata a ridere e che sono riuscita a smettere di sbavare sul mio giubbotto.
Fedele compagna di avventure, anche se a volte traditrice, è stata Tachipirina. Ho fatto di tutto per resisterle, e posso essere ben fiera quando affermo di aver resistito con 39.8 per quattro ore in attesa che raggiungesse i 40 e farmi salvare.
Superato tutto questo però, se vado oltre, vedo anche un piccolo lato positivo. Non è quello di stare una settimana a casa, perché starci così non è per niente simpatico, visto che non è divertente nemmeno guardare la tv perché non segui ciò che vedi. Non è nemmeno Arrow che è finalmente iniziato, perché ero così confusa che (SPOILER!) appena mi sono goduta il bacio che Oliver ha dato a Felicity (credo che D. abbia anche sbuffato, a quel punto, ma non me lo ricordo benissimo).
Il lato positivo è che ho letto un sacco. Questo è stato possibile quando il mio corpo ha smesso di combattere il virus e mi ha lasciata in balia delle onde. Insomma, i primi giorni non potevo nemmeno contare quante dita avessi in una mano, immaginatevi leggere. Ma quando è successo, quando ho smesso di trascinarmi per casa come un calzino rimasto appeso per sbaglio allo stendibiancheria, è subentrata la lettura e da lì mi sono fatta fuori tanti libri.
Devo ancora pensare a quanto mi sono piaciuti, ma se capisco che mi sono piaciuti tanto ve ne parlerò.
Mmm, mi mancano le Zigulì, saranno vent'anni che non le mangio.
M. fuori dalla quarantena
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