Ci siamo. Siamo arrivati al punto.
Il mio romanzo era nelle mani di un editor esperto che procacciava autori per grandi case editrici (quelle che puoi immaginare solo nei sogni) e mi aveva detto di sì.
A cosa corrispondesse esattamente questo sì, non lo posso dire, perché non lo avevo capito. Quando ho chiesto delucidazioni, mi è stato detto che "quando prendiamo in carico un testo è perché ci interessa", ma per cosa e come, era un mistero.
Ho trascorso l'estate scrivendo Sei solo tu e fremendo nell'attesa di fare un incontro con un editor che avrebbe potuto cambiare tutto e illuminare ogni mio difetto scrittorio.
Poi: la desolazione. Passo un'ora e trenta in una videochiamata tra domande e commenti, e non ci capisco niente. Non capisco se il mio testo funziona, cosa non funziona, cosa mi dice e perché me lo dice.
Mi sento spiazzata. Io che da e con la lingua ci lavoro, mi interrogo più volte su quale sia il limite: mio, che non riesco a processare rapidamente le informazioni, suo, che dice tutto e niente senza dire realmente niente.
E comprendo, con qualche giorno di troppo, che è successa la seconda cosa. Lo comprendo quando, qualche settimana dopo, mi arriva la scheda di valutazione ed è un enorme punto interrogativo, anche se indubbiamente più chiaro.
Dall'incontro viene fuori che il romanzo è scritto bene ma... e quale sia esattamente il ma, non diviene mai chiaro.
Non va bene la trama? Non ha una logica? Non ti convince il fatto che non sia collocabile in nessun genere?
Quello che riesco a fare mio da quella prima lettura è che c'è poco show don't tell (scelta voluta) e che non è un genere specifico (cosa peraltro vera, proprio per questo la parola narrativa viene usata nell'accezione di: questo libro non è collocabile in nessuna categoria).
Perché dargli un genere se un genere non ce l'ha?
Perché obbligare la storia, questa storia, la mia nuova storia nata per non avere genere, a diventare un romance o un chick lit?
Sono nel panico. Non comprendo cosa devo fare, ma soprattutto cosa devo farne di questo romanzo bello ma... MA.
Non capisco dov'è il punto su cui lavorare (perché non mi è stato detto [un editor dovrebbe fare esattamente questo]), quali gli elementi da modificare, dove intervenire e come farlo. Dopo otto anni di pubblicazione e lavori con editor, dopo corsi di formazione e manuali, sono davanti a un libro, il mio, e non ho idea di come intervenire perché la persona che ho pagato per farlo non è riuscita a dirmi niente se non che non è collocabile in nessun genere. E che i romanzi di formazione vanno bene se hanno come protagonisti giovani rampolli o se sono chick lit.
Così...
Ma ve lo racconto nel prossimo post.
Ci siete sempre? Fatevi sentire!
Domani sui social comunicherò la data di uscita! Spero di trovarvi anche lì!
Monica
Ciao Monica, mi spiace per questa esperienza... in questi casi penso che la chiarezza sia fondamentale, anche perchè i pareri esterni ci aiutano a migliorarci, ma se questi non sono chiari allora il tutto si risolve solo in una perdita di tempo :-(
RispondiEliminaEd è proprio così che mi è sembrata, una perdita di tempo. Ancora adesso, quando rileggo la scheda, mi trovo a domandarmi: ma questo che diamine vuol dire? Un peccato!
EliminaGrazie Ariel del tuo pensiero rassicurante! <3
Che esperienza sgradevole. Penso che ci si rivolga a questo genere di servizi proprio per avere le idee più chiare sul proprio testo e non per uscirne ancora più confusi. Poi sul discorso della narrativa non collocabile, mi sembra incredibile che ti abbiano fatto storie. Da sempre esistono le storie non di genere... no? Aspetto di conoscere il resto della tua avventura!
RispondiEliminaSi tratta della cosa che mi ha stupita di più, infatti! Non capivo, e non capisco, perché insistere sul genere, come se non fosse normale scrivere testi che non si collocano in una categoria particolare... ma da quando? Un mistero.
EliminaNon vedo l'ora di raccontarti il resto, Maria Teresa! ^_^
Certo che rivolgersi a un’agenzia letteraria per avere risposte senza averle è piuttosto avvilente, credo che l’unica soluzione sia lasciare la parola ai lettori, alla fine sono i soli che contano davvero.
RispondiEliminaDecisamente! Ma ero davvero emozionata, non vedevo l'ora, e mi sembra assurdo essere uscita da questa esperienza senza nessun aiuto concreto. La delusione è cocente!
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