domenica 28 giugno 2015

Trattare le persone come se fossero intelligenti: da fare.

C'è una cosa che non vi ho mai raccontato. Niente di strano, ma è giusto che lo sappiate. Tutti.
Che inizio melodrammatico. Se non fossi così intimidita dal mondo potrei anche fare l'attrice. Eh, eh.
Ho scelto di raccontarvela perché penso che possa essere utile un po' a tutti. Agli scriventi alle prime armi, che mandano i propri romanzi in lettura a blog che recensiscono, e a chi recensisce, giusto per evitare di eccedere e di passare oltre. Di non limitarsi a parlare del libro ma a voler fare di più. Di trattare le persone come se non fossero adulti che capiscono, ma bambini da educare e istruire.


Ve la faccio breve, perché ormai sulle dinamiche di pubblicazione di Innamorarsi ai tempi della crisi vi ho fatto una testa grande come un cocomero - mmm. Dunque, riassumendo: autopubblico; panico; e ora che faccio?; ricerca su internet; contatta blog che recensiscono; invia.
Chiaramente non sapevo quasi niente. Inviavo le e-mail con tutte le info necessarie e allegavo il librino. Un po' come per le case editrici.
Primo punto da tenere a mente. Mai, mai e mai inviare insieme alla richiesta di lettura. Se il/la blogger accetta, si chiede in che formato lo preferisce e si invia.
La prima risposta - e per fortuna unica nel suo genere - che ho ricevuto mi ha lasciata a bocca aperta. Non era una recensione, non era una risposta, non era un no. Era un pre-editing pruriginoso. Nella suddetta e-mail mi veniva detto che non si intendeva andare avanti nella lettura perché nel libro c'erano errori di grammatica piuttosto brutti e grossolani.

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Non so davvero come rendervi più chiaro il mio sgomento. 
Sapevo che una volta mandata la mia storia a chi, per passione, scrive di e su libri, (non per lavoro. Non a persone che sanno come fare un editing) avrei potuto sentirmi dire che non era niente di speciale, che era banale, scritta in modo poco fluido, una come tante. Quello che non sapevo è che qualcuno avrebbe potuto avere da ridire sulla grammatica. 
Credo di non saper fare un sacco di cose, ma devo anche riconoscere che qualcosa lo so fare. E quel qualcosa ha a che fare con la grammatica. Ho passato gran parte della mia vita a studiare "grammatiche". Di italiano, greco antico, latino (da notare: non ricordo niente). Di francese, spagnolo, inglese (da sapere: ho dimenticato tutto). E poi di nuovo italiano. Ma seriamente, così seriamente che oggi ogni volta che parlo, o che qualcun altro parla, le mie orecchie hanno una sorta di radar che capta tutto ciò che non funziona. 
Non sto dicendo che non faccio sbagli. Ne faccio eccome. Tanti. Qui, nei libri, nella lingua parlata. Però di solito li vedo/sento. Me ne accorgo. Posso farli in un commento su Fb ma in un libro... cielo, spero di no, dopo tutte le riletture. 
Non sto a farvela troppo lunga. Quello che vorrei dirvi è che tutto mi aspettavo tranne che mi si dicesse che c'erano degli errori. 
Errori? Errori brutti? 
Errori? Oh santa madre! Che cosa ho fatto? Dopo averlo riletto miliardi di volte ci ho lasciato degli errori? Oh signur! Ma che mi dice la testa? Ma cooooosaaaa ho fatto?
Anni e anni di studio buttati... nel cesso. Veramente?
Poi mi sono calmata. Insomma, ero sicura che non ci fossero errori. Sicura. Non al cento per cento. Diciamo al 95%. Refusi: sì. Errori: no. Ma mai dire mai. Così ho riletto la parte che era stata coperta di infamia (sì, lo so, mi sto lasciando un po' andare) e non ne ho trovati. O almeno, nessun errore che io potrei considerare tale. Che io presenterei come errore grammaticale. Così ho replicato dicendo che quelli non erano errori di grammatica, ma scelte (usare il passato prossimo invece del passato remoto o del presente; ripetere i concetti - che è alla base di tutto il libro -, etc.). La persona ha iniziato a girare intorno al tutto risentedosi in modo evidente della mia osservazione.
Io sono rimasta senza parole. 
Era la mia prima e-mail, il mio primo contatto. 
E insieme agli errori grammaticali mi veniva anche detto che: la premessa era ridicola (mi sembra un buon modo per fare una critica costruttiva a un libro, no?); mi sarei dovuta approcciare in modo diverso nelle e-mail (perché non fare pure l'editing dell'e-mail?). Insomma, sono stata trattata come una bambina di cinque anni. Perché non sono mai solo le cose che si dicono, il problema. Ma il modo in cui le si dicono. 
Vi lascio immaginare il piacere che ne è scaturito.
Ma... perché fare una cosa del genere?
Se avesse detto che aveva visto delle caratteristiche che non lo/la attiravano e che secondo lui/lei non ne facevano un buon libro, mi sarei ritirata in un eremo e avrei cominciato a mungere le pecore accompagnata da un cane da pastore così bello da far invidia alla regina Elisabetta. Non avrei potuto replicare nulla se non che era stato/a comunque gentile ad avermi dedicato del tempo.
Se avesse detto che lo/la infastidivano le "d" eufoniche mi sarei data al giardinaggio. O le avrei eliminate. Insomma, non so niente di editing, è tutto da imparare per me. Avrei accettato tutti, ma dico tutti i consigli possibili (cosa che ho fatto, compresi i suoi). 
Ma se mi dici che le cose che non ti piacciono sono errori di grammatica... cambia tutto, soprattutto se mi tratti come un'idiota.
Parliamone insieme. Analizziamoli uno a uno.
E tutto crolla.
Secondo punto: non pensare di saperne più degli altri perché spesso gli altri ne sanno più di noi. E si rischia di non fare una bella figura.
Comunque, dopo 30/40 minuti di ragionamenti, "mah", "boh" e quant'altro, ho concluso che no, probabilmente c'era stato un errore alla base. E l'errore era stato mio, perché invece di dire "ok, fa' niente", mi sono arrovellata per cercare di far capire all'altro/a che la grammatica è ben altra cosa. 
Tuttavia, devo riconoscere a costui/costei dei meriti. Perché io non sapevo che la "d" eufonica non si dovrebbe usare nei romanzi. E non sapevo nemmeno che fosse meglio non usare gli avverbi. Solo che questa cosa non l'ho capita. Che significa? Come è possibile non usare gli avverbi? Quali avverbi? Ce ne sono un sacco. Hanno usi diversi, significati diversi, rilevanze diverse. Non ho indagato e come potete ben vedere li infilo da tutte le parti con grande amore, ma sarei curiosa di sapere qualcosa in più.

Comunque, alla fine di tutto ho capito. E ho capito che era lo stile. Lo stesso stile che vedete qui. Uno stile, secondo me, adatto al mio blog, a un diario e soprattutto... alla storia di Dafne. E allora ho tirato un sospiro di sollievo. Perché se non vi piace lo stile, lo capisco. Se non vi piace l'idea di ripetere la stessa parola per far presente il concetto, se non vi piacciono le frasi corte, se non vi piace il passato prossimo, lo capisco. Se pensate che non sia scritto bene lo capisco. Se vi fa schifo, lo capisco. Piango, ma lo capisco.
Ma la grammatica... santa madre! Ne potremmo discutere per ore. 

P.s. - è stato l'unico caso. Tutti gli altri litblog, quelli che mi hanno risposto, chiaramente, sono stati cortesi, educati e critici nel modo giusto. 
Il mio racconto voleva solo ricordare a tutti, me compresa, che è sempre consigliabile volare basso, e trattare le persone come se fossero intelligenti. Perché è probabile che lo siano. 

P.p.s.- stavo per censurare anche questo ma mi son costretta a pubblicarlo. 

P.p.s. - quanti errori ci sono?

P.p.s.- Posso continuare a mettere postille?

M. 

12 commenti:

  1. Come sai il tuo libro mi è piaciuto molto, l'ho inserito tra i miei preferiti del 2014. È una storia fresca e leggera che fa sorridere e, a tratti, anche riflettere sulla situazione di crisi che viviamo. Lo stile calza a pennello con la storia di Dafne. Il successo del libro (non teorico ma supportato dalle vendite di tutto rispetto) ha quindi smentito la mail delirante che hai ricevuto. Quindi è vero che il mondo è bello perché vario, soprattutto ciò che non piace a uno può piacere moltissimo a tanti altri. ;-)

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    1. Grazie Giulia, sei un tesoro. Ora sono tutta saltellante. :D

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    1. A proposito: gli avverbi incriminati sono soprattutto quelli in -mente. Se ne inserisci più di uno in poche righe, il suono è pessimo. Inoltre l'avverbio è un modificatore, che va ad aggiustare il termine che lo accompagna. Questo può nutrire la pigrizia dell'autore, che magari si accontenta di scrivere "andò rapidamente" invece di "corse", "rifletté accuratamente" invece di "si arrovellò". Il rischio, insomma, è non cercare i sostantivi e i verbi migliori, tanto poi arriva Mastro Avverbio. Le motivazioni citate sui manuali sono queste. :)

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    2. Sono molto pigra, dunque. Io li amo immensamente. Tremendamente. Incredibilmente. Come faccio?

      Ti rispondo. :)

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  3. Ma che ci vuole a congedarsi con eleganza? Qual è l'esigenza di essere così spudoratamente diretti? (Ops! Avverbio!). No, non mi piace questo modo di criticare: ho letto un libro illeggibile, l'anno scorso, eppure ho segnalato gli errori in modo garbato: urtare la sensibilità di una persona che crede in ciò che fa (a prescindere dalle sua capacità o meno) è una mancanza di rispetto. Non amo questo modo di fare nemmeno negli editor più famosi. Può anche essere che sia un aspetto del mio carattere, ma non direi mai che una premessa è ridicola

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    1. Basterebbe poco per esprimere un'opinione senza dare dell'inetto all'altro. Basterebbe dire le cose nel modo giusto. Ma non fa "figo". La persona in questione aveva poco più di vent'anni e a quell'età "fare figo" è incredibilmente importante. Assolutamente. Definitivamente. :D

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    2. Ci sono persone che si sentono grandi per il fatto che "dicono ciò che pensano", sottinteso "senza filtri" (tipo educazione e rispetto umano). Capirai, in rete serve un gran coraggio per maltrattare una persona! Prova dal vivo. :)

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  4. Mandando richieste di recensioni, ho imparato che incontri gente di tutti i tipi. Ci sono persone competenti, gentili e disponibili, altre che dovrebbero darsi all'uncinetto invece che recensire libri, eppure hanno un sacco di seguaci. Ho come l'impressione che tutti si sentano in dovere di dire la propria, fosse anche per farti notare una "d" eufonica di troppo.
    Ma poi questi fantomatici errori grammaticali esistevano davvero?
    Insomma, un conto è chi ti fa un favore e ti segnala qualcosa che non funziona o una svista, un conto è chi sputa sentenze tanto per farlo...

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    1. Di grammatica no... yuppidu! Ma dal suo punto di vista sì, per esempio usare il passato prossimo come tempo narrativo al posto del presente o del passato remoto. Uhm.
      Peccato. Penso sia stata una doppia delusione, la mia nel leggere il suo massacro e la sua nel capire che non ero un'idiota. Sigh…

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  5. Articolo carinissimo!!! Hai perfettamente ragione!! Hai un profilo facebook? Mi farebbe piacere se mi contattassi!! Ciao, Virginia

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    1. Grazie mille, sono contenta che sia piaciuto! :)
      A questo punto siamo già in contatto. ;)

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