venerdì 30 luglio 2021

Sono una scrittrice... ah, no, aspetta

Una mia studentessa, questa mattina, mi ha raccontato il suo "errore culturale". Stiamo lavorando su italofonia e cultura, e uno dei temi principali sono gli atteggiamenti culturali e linguistici che ci traggono in inganno nei paesi che non sono il nostro.
Lei, per spiegare il suo lavoro a degli italiani, ha detto che è un'artista, ed è successo di tutto.

Ho dovuto ammettere, con mio rammarico, che spesso accade così, in Italia, e che io non dico mai a nessuno che sono una scrittrice o un'editor, limitandomi a rispondere alla domanda "Che lavoro fai?" con "sono un'insegnante".

Già lì, nel settore canonico, si aprono milioni di domande. Perché io non sono una docente normale, ma una docente di italiano per stranieri, e quindi dove, come, perché, ma chi sono, da dove vengono, per chi lo fai, in che modo, on line, quindi parli in inglese? e via dicendo. 

Se aggiungessi anche scrittrice e editor, si aprirebbe un vaso di pandora.

A lei sono seguite risatine e sguardi stralunati. A lei, che cerca di sbarcare il lunario facendo mille cose nel mondo dell'arte e che, con una cultura completamente diversa, fa fatica a comprendere cosa ci sia di strano nel rispondere "artista". Le hanno detto: "sembra che ti dai delle arie". 

Come se lavorare nel mondo dell'arte fosse una vergogna. Una specie di nullafacenza. Un modo di muoversi attraverso la vita senza stabilità, equilibrio e desiderio di costruire. 

E questa è la ragione per cui io ometto una parte di verità. Le rare volte che non lo faccio, o che viene fuori, ne emergono sguardi, domande e posture tali da spingermi a chiedermi "perché non sono stata zitta?".

Non vorrei. Mi piacerebbe far capire che non è solo un hobby perché con la mia scrittura, insieme all'insegnamento e, recentemente, all'editing, ci vivo. Che le mie giornate sono gestite in quasi totale autonomia e che cerco di non perdere nessun momento per lavorare, mettermi in pari, essere aggiornata, terminare progetti, consegnare materiali, correggere compiti, preparare lezioni, stendere nuove idee, raccogliere appunti, fare macro editing e tanto altro. Niente di quello che faccio è un hobby. 

Amo i miei lavori? Sì. Li amo. Ma mi spezzo dalla mattina alla sera per essere in pari, precisa, corretta e mettere il meglio di me in ciò che faccio.

Forse sbaglio, a non dire tutto, ma ho l'impressione che sarebbe troppo. E allora racconto solo 1/3 e il resto me lo tengo stretto, quasi fosse un disonore. 
Quando invece sono amore e gioia puri.

Che peccato. 

A voi succede lo stesso? Raccontate tutto ciò che fate o tacete qualcosa per pensieri e reazioni che non vi piacerebbero?
Vi aspetto nei commenti, come sempre! 

Monica 

8 commenti:

  1. Peccato, infatti! Perché in realtà puoi essere molto fiera delle tre attività, e devo dire che ti ammiro parecchio. Riesci a fare tutte e tre benissimo e a conciliare lavoro e vita personale, ciò che non è facile per niente. Sei bravissima e sono contenta che abbia deciso di scrivere su questo tema, è importante. Ci fai riflettere.

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    1. Grazie Nathalie, per avermi scritto e per le belle parole! Dovremmo essere più coraggiosi, ma non è facile quando hai paura di trovare troppi preconcetti dall'altra parte! <3 <3

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  2. Pensa che quando (forse una volta o due nella vita) un mio interlocutore ha detto di fare lo scrittore, a me si è illuminato lo.sguardo manco fossi davanti a Dante in persona... molti anni dopo, quando pure i miei manoscritti sono stati pubblicati, mi sono azzardata, timidamente, a dire anch'io che "facevo anche la scrittrice"... ma le reazioni ottenute, ahimé, non sono state come la mia. Ci ho provato due volte in totale. Ora basta, ho deciso di seguire il metodo che adotti anche tu restando sul vago. Che tristezza, però...

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    1. Proprio così, che "tristezza". Fare l'impiegato va bene, ma fare lo scrittore no, forse perché nella parola stessa c'è un'idea di grandezza che mal si sposa con tutto ciò che è indipendente? Editoria, scrittura, giornalismo... chissà.

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  3. Scherzi? Io dico che sono un’impiegata e basta, la scrittura è un mio segreto (lo sanno in pochi) tra l’altro pubblico con il cognome di mia madre, quindi sono in incognito in un certo senso...
    C’è troppa ignoranza in giro e troppa gente ragiona per luoghi comuni perché possa aver voglia di palesarmi ai più.

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    1. Ignoranza nel senso più stretto, quell'ignorare cose che giustamente non sono note a tutti, ma che ti rendono strano e difficile da etichettare nel range di persone "normali". Un po' triste...

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  4. Io lo dico, non lo sbandiero ma se capita lo dico, però poi aggiungo "non famosa" come a scusarmi/giustificarmi e subito dopo mi ammazzerei per questo atteggiamento.

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    1. Che triste, doverci nascondere come se non valessero niente, le nostre parole, o fossero un azzardo. Uff.

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