venerdì 18 settembre 2015

La vita di uno scrittore (vero)

Vi siete mai chiesti com'è la vita di uno scrittore? Io ogni tanto sì. 
Non pensate che lo faccia perché sono una pettegola con tanto di pezzola colorata sulla testa che si affaccia alla finestra e scruta cosa succede giù nel cortile. Lo faccio perché sono una sognatrice e ogni tanto, magari nelle pause, al lavoro, quando vorrei mettere i tappi per non dover ascoltare nessuno o il broncio così da non dover fingere di amare tutti, mi deposito in un mondo alternativo in cui sono una scrittrice, possibilmente anche molto gnocca, fotogenica e amata da tutti. 


Che meraviglia.
Tra un volo pindarico e l'altro, però, mi capita di chiedermi se la scrittura, questa grande passione, questo immenso bisogno, potrebbe diventare una routine che a suo modo pesa. Vi avevo accennato, mesi fa, di aver conosciuto una ragazza (che vive in Slovacchia) che per lavoro legge libri. Ero rimasta turbata dal fatto che il suo sogno, il suo hobby, fosse diventato solo un lavoro e che avesse escluso dalla sua vita la lettura di ciò che le piace. Lei, ormai, legge solo ciò che le permette di vivere e che, neanche a dirsi, le dà la nausea. 
Se ci pensate bene, è una normale conseguenza del lavoro. Diventa una cosa quotidiana, quella che ti fa alzare dal letto il lunedì mattina dopo un fine settimana di bagordi o di relax. Quella che già la domenica sera ti fa montare il mal di stomaco. Quella che: "quanto manca alle ferie?".
Badate bene, non sto dicendo che se diventassi una scrittrice ricca e famosa non sarei contenta, che se i miei libri venissero venduti in libreria potrei desiderare di cambiare "mestiere", che se fossi apprezzata da tutti non sarei così felice, e infine, che se fossi tradotta e venduta in tutto il mondo avrei un qualche tipo di remora. Tanto per essere chiari, non sarebbe un problema nemmeno se un regista decidesse di trarre un film dalla mia storia. 
Eh, eh. 
Ok, adesso possiamo ridere tutti insieme. 
Comunque, quando non ho niente da fare, quelle rare volte in cui decido di non non impiegare il mio tempo in modo proficuo, mi domando: il lavoro dello scrittore, diventa un lavoro come gli altri? Cosa fa un autore nella vita? Come gestisce le sue giornate?  
La prima cosa che mi chiedo è se faccia o meno un altro lavoro. Scrittori dalla grande fama, nonché dalle grandi vendite, probabilmente se ne stanno in panciolle a pensare alla nuova storia, magari sorseggiandosi del tè o del vino nella loro villa in campagna, stressandosi per farsi venire un'idea o per trovare la voglia di scrivere.


Invece i piccoli? I normali? Non i piccoli piccoli, quelli come me, che si autopubblicano o che escono con piccole case editrici. Ho come la sensazione che anche nel secondo caso vivere di sola scrittura sia ardua impresa. Ma i normali? I più o meno noti, quelli che pubblicano e che hanno un discreto seguito, che scrivono libri da anni e che in alcuni casi si fanno anche tradurre all'estero. In quel caso, che tipo di vita fanno? 
Riuscire a fare un lavoro normale e a scrivere un libro ogni dodici mesi non è semplice, soprattutto se si hanno figli. L'anno scorso ho scoperto un'autrice che autopubblica e di tanto in tanto scrive romanzi brevi per una casa editrice, ha diversi figli, un lavoro abbastanza impegnativo e per tutti questi motivi scrive di notte. Impossibile, per me. Se non dormo almeno sette ore non riesco a pensare. E una persona che non pensa non è un granché.
Un'altra, una che si autopubblica e che viene pubblicata anche da grandi case editrici, ha lasciato il lavoro per vivere di scrittura. Il mio problema, in questo caso, sarebbe riuscire a raggiungere una grande casa editrice. Ah. Ahahahah. Alle volte penso sia più facile uccidere un drago, se non fosse che non oserei mai fargli del male e che vorrei solo guardare quei suoi grandi occhioni luccicosi.
Altri sono nel mondo dello showbiz e probabilmente alternano scrittura, lettura e vita pubblica. Qui, la questione da risolvere, sarebbe quella di trovare una fatina magica in grado di cancellare la mia timidezza e la mia vergogna. Ma non sarei più io, dunque è da scartare.
Venendo a noi, rimanendo in questo stato onirico dai toni sgargianti e dai colori scintillanti, se mai diventassi una vera scrittrice, potrei continuare a fare il mio lavoro e a scrivere libri? Potrei iniziare ad allevare draghi e gatti? Potrei cercare di farli diventare amici per la pelle? Oppure dovrei rinunciare al lavoro? Se così fosse, dovrei essere così ricca, ma così tanto ricca da potermi permettere un castello in Bretagna con tanto di scuderie e stalle appositamente studiate per gatti e draghi. 
...
Ho perso il filo. Ho smesso di scrivere e ho immaginato così tante follie da non riuscire a ricollegarle alla vita reale, soprattutto a questo post.

Mi piacerebbe diventare uno scrittore. Uno scrittore di quelli veri, di quelli che sono così letti e apprezzati da infischiarsene delle critiche negative. Di quelli che pubblicano un libro all'anno, tipo Stephen King. Di quelli che fanno sognare i loro figli con storie favolose e che li arricchiscono grazie alla loro fantasia, tipo J. K. Rowling. 
Vorrei diventare una scrittrice. Oh, come lo vorrei.

Ora... per cortesia, non annientate tutti i miei sogni di grandezza e gnoccheria, ok?
Grazie emmosi.

Secondo voi com'è la vita di uno scrittore famoso? Cosa fa tutto il giorno? E quanto ama quello che fa? 

Concludo invitandovi a osservare la copertina di Innamorarsi ai tempi della crisi. Avete notato qualcosa di strano? 
Avete qualche teoria in proposito?

M.  

P.s.- sapete che amo le postille. Questa vuole dirvi che le belle foto che vedete, pur non essendo opera mia, sono "casalinghe", di amiche che con Instagram sono dei portenti. 

26 commenti:

  1. Ti posso assicurare che qualsiasi hobby, fatto per lavoro, diventa una rottura. Perché l'hobby lo fai quando puoi, e quando vuoi. Il lavoro lo devi fare, e devi farlo quando vuole lui e con i suoi tempi. Suoi del lavoro, del tuo capo o dei clienti, ovvio.
    Anzi: una persona con un lavoro "normale" (36 ore a settimana, ferie e malattie comprese) può permettersi di staccare alle 5 del pomeriggio; addirittura a metà mattina può andare dal suo capo, dire che ha nausea, e tornare a casa.
    Quando scrivi e hai una scadenza non c'è ferie o malattia o qualsiasi altra cosa: devi consegnare per quel giorno e fine. Se sei in ritardo è un problema solo tuo.
    E poi, se ci pensi, a parte pochissimi, gli scrittori non hanno mai mollato il lavoro. Non Eco, non Volo, non la Vargas... solo per dirne di molto famosi che pure hanno venduto carrettate di libri. Camilleri è in pensione, ma ha lavorato.
    Baricco, invece, un lavoro se lo è costruito con la Holden e la tv.

    PS: Hanno suonato le trombe di Gerico, e l'ultimo tabù è caduto ;)

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    1. Che peccato però, vero?

      P.s. - E così, mi scoprii. :D

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    2. Volevi sapere? Ecco qui:
      http://terribleminds.com/ramble/2015/09/23/peaks-and-valleys-the-financial-realities-of-the-writers-life/

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  2. Tempo fa presi in mano un diario di quando ero giovvvvane, un diario sui 15-16 anni. A memoria doveva essere uno dei primi scritti miei su quel diario e la prima cosa che mi salto' all'occhio fu una pagina in cui esprimevo il mio disagio per il non riuscire, come volevo, a scrivere e ad esprimere cio' che avevo dentro. Sonom passati davvero tanti anni, anni in cui ho fatto la pubblicista, la giornalista. Ho visto il mio nome su siti importanti, su riviste degne di nota e adesso mi rendo conto che anche se in piccolo il mio sogno si e' avverato. Non occorre essere la Allende per sentirsi realizzati :)

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    1. Hai proprio ragione. E comunque, non direi che si è avverato in piccolo... vedere il proprio nome su siti e riviste importanti significa avverarsi “in grande”. :)

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  3. alcuni scrittori sono traduttori, anzi molti. Altri tengono corsi di scrittura, io di scrittori che non lavorano o non lavorano più pur non essendo mega famosi ne conosco. E sì, vorrei essere tra loro. Bacio Sandra

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  4. Io sono molto più sognatrice: mi piace credere nel motto per cui "chi ama il proprio lavoro non lavora nemmeno un giorno nella vita". Essere pagata per ciò che faccio gratis ormai da anni sarebbe fantastico. Se accadesse accenderei un cero alla madonna tutti i giorni per il resto della vita, anche se sono buddhista.

    Credo che anche le pietre ormai sappiano che non amo il mio lavoro, che tre anni chiusa dentro in ufficio mi hanno causato attacchi di ansia e che fra i miei obiettivi a lungo termine c'è il poter far coincidere ciò che faccio con ciò che sono. L'etichetta professionale che mi porto addosso non corrisponde alla mia identità non rispecchia la mia mentalità, però chiede una condotta di vita a cui devo adeguarmi.

    è vero che anche un hobby quando diventa un lavoro perde l'aura, ma provate a essere incastrati per più di tre anni in una routine che non vi appartiene: la frustrazione è tantissima e ogni giorno che passa ho la sensazione di buttare nel cesso la mia vita.

    In tale frangente, l' obiettivo di fare un lavoro che mi piace (che sia la scrittrice, la copywriter o l'editor) è diventato una missione esistenziale. E la vita da scrittrice vera... Wow! :)

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    1. Sì, sì, sì: wow! :)
      Che brutto dover fare un lavoro che non rende felici e fa venire attacchi di ansia. Non dovrebbe essere così. Peccato che lo sia spesso.

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    2. Lo è perché viviamo in un sistema in cui i "capi" solo in virtù del proprio ruolo si sentono in diritto di trattare tutti come merde. Le capacità individuali e la creatività non sono valorizzate, perché libertà nell'ambito lavorativo significa perdita del controllo...
      (scusami, sono ancora nel clima del mio ultimo post!)

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  5. Mettiamola così se potessi vivere di scrittura scrivere non mi sembrerebbe un lavoro.sarà che il mio lavoro principale è completamente agli antipodi rispetto alla scrittura (anche se scrivo molto per il lavoro tra Mail e atti legali e amministrativi) ma non è la stessa cosa vero? forse però anch'io non lascerei il mio lavoro principale perché se anche il mio libro diventasse un Best Seller non avrei garanzia per i prossimi. Magari potrei chiedere un part-time per avere più tempo

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  6. Secondo me la scrittura finisce con l'assomigliare a un impegno-mestiere, quindi immagino gli scrittori blasonati molto impegnati a restare sulla cresta dell'onda scrivendo abitualmente, molto.
    Mi sono fatta un'idea abbastanza precisa con il libro autobiografico "L'arte di correre" di Murakami. Lì si trova la quotidianità tipica di uno scrittore noto.

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    1. Mi devo decidere a leggere Murakami. Ce l'ho qui, nella lista dei libri da comprare ma ancora non l'ho fatto. Sono curiosa!

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    2. Buttati! Comincia da Norwegian Wood o da Kafka sulla spiaggia.

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  7. Famosa? Come scrittrice? Oh, un tempo era il mio sogno da bambina, poi è diventato un desiderio indomabile, adesso... è una chimera! Però non vivo questa consapevolezza come una frustrazione: mi godo il mio hobby tra servizi taxi pro famiglia (in questi giorni sto accompagnando marito, figli a lavoro, a scuola, in palestra: se mi pagassero, sarei ricca!) e obblighi domestici.
    Poi scrivo e mi rilasso!
    Non so quanti scrittori per professione, alla fine, si rilassano facendo quello per cui sono pagati!

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    1. È esattamente quello che temo. Ma non credo che mi dispiacerebbe non essere rilassata per questo. :D

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    2. Ah, complimenti per la nuova copertina, eh sì ho notato già sulla pagina Facebook ;-)

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  8. Annientare tutti i tuoi sogni di grandezza e gnoccheria? Giammai! Sono fermamente convinta che i nostri pensieri plasmino la realtà. :)
    Non leggerei mai per lavoro, perché mi sembrerebbe di rovinare qualcosa di libero e sacro; invece mi cimenterei volentieri nelle difficoltà dello scrittore famoso. Sono certa che esistono (quando mai noi uomini ne facciamo a meno?), ma credo che mi barcamenerei benino...
    P.S.: Se compri la casa in Bretagna vengo anch'io, ti dispiace? Eventualmente porto un draghetto come dono propiziatorio.
    P.S.2: Il nome? Bel colpo! :)

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    1. Grazia, tu avrai un'intera area del castello completamente riservata, con tanto di "cuccia" per ospitare il draghetto! :)

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    2. Ah, pensavo che la cuccia fosse per me! Ci starei benone. :)

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  9. Io ho rinunciato al sogno di essere una scrittrice pagata più o meno due mesi dopo aver cominciato a seguire i blog letterari... Non credo che scrivere e farlo per piacere arriverà mai a pagarmi le bollette. Nè voglio diventare ghost writer e passare dieci ore al giorno a produrre robaccia solo perché devo arrivare al numero di parole stabilite per quel giorno.
    Credo anche che sia così in tutto il mondo. A un festival di scrittura in agosto ho sentito Caroline Adderson dire che in Canada esistono cinque scrittori che vivono della loro scrittura e basta, senza avere altri lavori. Considerando che l'Italia è grossa come un quinto di una delle regioni canadesi, siamo fortunati se ce n'è uno che ce la fa!

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