venerdì 13 febbraio 2015

La versione di Alessio - 5

O altro che fosse

Ho provato a tenerla lontana. Ho pensato che se non le avessi chiesto di uscire mi sarebbe passata, che se avessi smesso di scriverle sarei tornato in me, ma devo ammettere di non essermi impegnato molto. Le ho scritto praticamente ogni giorno e il fatto che lei non mi contattasse mai di sua spontanea volontà mi dava un fastidio terribile.
Avevo una voglia tremenda di vederla, per questo alla fine ho ceduto e siamo usciti. Siamo usciti e ho imparato a conoscerla e più ci uscivo più la volevo, più la volevo più mi scottavo e più mi scottavo più avevo paura di perderla.
Se ci avessi provato ancora avrei rischiato di mandare tutto a pxxxxne e non volevo. La desideravo, desideravo toccarla ma se farlo significava dover tagliare tutti i ponti andava bene averla solo come amica. Era a questo che ero arrivato dopo giorni e giorni di riflessioni. Appena mi riconoscevo in quel tontolone imbambolato che non riusciva a starle lontano.
Avevo voglia di fare con lei cose che non avevo mai fatto con nessuno. Avevo voglia di condividere quello che avevo sempre fatto da solo, o con gli amici, o con la mia famiglia. I ricordi delle vacanze al mare con i miei sono tra le cose più belle che mi porto dietro. Le risate, il caldo sulla pelle, la sensazione che il mondo girasse nel verso giusto anche se era quello sbagliato. È durato per un po’, è durato fino a quando non ho capito che il mondo girava davvero nel verso sbagliato.
Avevo voglia di mare. Avevo voglia di leggerezza, di tranquillità, di guardare le cose da un’altra prospettiva, e lei me le faceva vedere in un’altra prospettiva. Con lei il mondo sembrava di nuovo aver preso il giro giusto, per questo l’ho invitata a passare un fine settimana al mare con me. Avevo paura che mi dicesse di no e invece sono riuscito a convincerla e siamo partiti insieme.
Quando in spiaggia si è tolta i jeans stracciati e la maglietta ed è rimasta in costume, contro ogni legge naturale mi sono andate di traverso le corde vocali. Era uno spettacolo. Era magra, molto più magra delle ragazze con cui esco di solito, con poche forme e gambe chilometriche. Il suo seno sarebbe entrato dentro un bicchiere e sarebbe stato alla perfezione nel mio palmo. Mi ritrovavo a pensare a quelle cose di continuo e dovevo ricordarmi a forza che ero in boxer e che avrebbe visto tutto se non mi fossi calmato.
Niente palmi, niente gambe, niente lingua, niente seno, niente bocca.
Il mio amico là sotto, però, reagiva anche senza che ci pensassi, come un quindicenne alle prime armi. Sono stato con decine di ragazze ma questo non gli impediva di comportarsi come un ragazzino di seconda superiore. Ok, io mi comportavo come un ragazzino di seconda superiore, lui mi seguiva e basta.
Entrare in acqua con lei, da quel punto di vista, non era una buona idea, mentre il calcio balilla sembrava essere la soluzione per smettere di pensarla in quel modo.
«Ti va una partita a biliardino?»
Ha annuito con il viso arrossato dal sole e gli occhi che risucchiavano tutta la luce del mondo.
Come ero messo male.
Siamo arrivati al bar e ci siamo posizionati intorno al tavolo. Ero sicuro che non si sarebbe mossa bene, che avrei dovuto insegnarle qualche trucco, che avrei trovato il modo di toccarla per farle vedere come muovere il polso ma avevo sbagliato tutto. Era un fenomeno, un vero fenomeno.
«Dove hai imparato a giocare?» ho chiesto mentre per pura fortuna le paravo un gol.
«Sono cresciuta con tre fratelli maschi», ha risposto mentre la coda scomposta in cui aveva raccolto i capelli oscillava a destra e a sinistra. Mi sono fatto fregare da quello. Dai ciuffi sfuggiti che le accarezzavano il viso, dalle opali che brillavano, dalle labbra che si contraevano. Mi ha fatto un gol e io ho pregato di poterlo fare con lei.
È così che la giornata è volata. Quando siamo tornati in hotel mi sono fatto una doccia fredda e in qualche modo mi sono calmato. In qualche modo, perché non sarei mai riuscito a calmarmi davvero. L’ho aspettata giù, davanti alla reception, e quando è arrivata mi sono messo a ridere.
Era rossa come un’aragosta ed era carina da impazzire. No, non carina. Era bella, cxxxo, proprio bella. Con un paio di jeans e una maglietta era bella da morire.
«Ti brucia?» le ho chiesto durante la cena in un ristorante con vista sul mare. Non sono un tipo romantico né sdolcinato ma la luce dell’estate che si riverberava sulle acque del Mediterraneo era qualcosa di giusto per una come lei.
«Mm mm», ha mugugnato sorridendo. «Faccio sempre così. Anche se metto la crema finisco sempre per scottarmi. Perché tu no?»
«Non lo so, forse ho la pelle più resistente. Raramente mi brucio.»
L’epidermide non mi bruciava, ma bruciava tutto il resto. Mi infuocava e non voleva saperne di spegnersi. E mentre camminavamo lungo il mare continuava a infuocarmi e nemmeno la brezza marina mi dava pace. Senza pensarci troppo l’ho presa per mano e l’ho portata verso un lettino. Mi sono appoggiato allo schienale e lei mi si è accomodata davanti. Lo vedevo che bruciava quanto bruciavo io ma non ne voleva sapere di cedere, e io non ne volevo sapere di perderla.
«Ti posso abbracciare?»
Si è immobilizzata e ho temuto di aver fatto il passo più lungo della gamba.
«Non voglio provarci. Ho solo voglia di abbracciarti», ho sussurrato.
In realtà avrei avuto voglia di provarci ma non mi sarei giocato tutto per degli stupidi ormoni. Ormoni o altro che fosse.
Lei ha inclinato un po’ la testa senza dire niente, così io mi sono avvicinato, lentamente, per non farle paura. Non volevo che scappasse o che pensasse qualcosa di brutto di me. Ho appoggiato il viso sul suo collo, l’ho attirata a me e l’ho stretta forte. Con le mani le ho accarezzato la pancia e poi l’ho agganciata, spingendo le sue spalle sul mio petto. La sua pelle è diventata ruvida e quando mi sono reso conto che le avevo fatto venire la pelle d’oca il mio amichetto si è risvegliato.
Non volevo che lo sentisse perché temevo che scappasse. Eppure non l’ha fatto. È rimasta lì, su di me, per tanto tempo, e quando siamo scivolati e siamo finiti distesi ho chiuso gli occhi e mi sono goduto ogni singolo istante avvinghiato a lei.
Mi sono svegliato con il suo corpo che mi tremava addosso. «Ehi», ho bofonchiato, «ci siamo addormentati?»
«Mmm.»
Era un cubetto di ghiaccio. Quando eravamo entrati in spiaggia si era messa la felpa ma evidentemente non era servita.
«Accidenti Dafne, sei congelata!»
«Mmm.»
«Vieni qui», ho detto stringendola forte tra le braccia. Ogni scusa era buona per sentirla vicina, e poi volevo davvero scaldarla, non mi andava che stesse male per colpa mia.
Ho mosso le mani sulle sua braccia massaggiandola e quando ho sentito che la sua pelle era più calda e che non batteva i denti, l’ho stretta ancora e ho appoggiato il mento sulla sua spalla.
Ero messo sempre peggio.

2 commenti:

  1. Finalmente possiamo conoscere un po' meglio Alessio!!! Una bellissima idea!!!!<3

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  2. Ooohh (occhi a cuoricino)! Sono tanto contenta che ti piaccia!!! <3

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