venerdì 28 agosto 2015

Sui mostri e sugli zombie... yuhuu!

Che si sappia in giro. Io credo che già si sappia, ma se non si sapesse, se qualcuno di voi si fosse appena collegato o si fosse dimenticato qualche particolare, beh... la fantascienza e il fantasy a me piacciono. Libri, film, serie tv, fumetti. Mi piacciono proprio. 
Mi rimane difficile pensare che al mondo ci siano così tante persone che non la apprezzano. Sarà che sono cresciuta guardando Star Wars e Ritorno al futuro, mentre leggevo Omero, Platone ed Eschilo. Questa doppia presenza, questo magico contrasto tra l'estraniamento dato dal cinema e l'immersione nel mondo "serio" e classico, ha plasmato ciò che sono adesso. Una divoratrice di libri pesanti, amante della letteratura più lontana e antica, e di libri fantastici, adorante alieni, supereroi, draghi e streghe. 
Le mie librerie, ad oggi, sono divise per generi. E cioè:
- grandi classici, a loro volta divisi in italiani, francesi, spagnoli, russi, nordeuropei, inglesi, orientali
- grandi classici antichi, greci e romani
- fantascienza
- fantasy
- urban fantasy
- libri in lingua straniera
- romanzi rosa (con mio sommo stupore, gli unici ad avere un solo reparto)
- romanzi non di genere
- Shakespeare (ha un reparto tutto suo) 
- romanzi storici
- libri di D.
Tutto quello che non entra in casa nostra sta a casa dei miei. Un tripudio di carta, insomma. E meno male che negli ultimi anni mi sono data agli ebook.
Comunque, eravamo al fantasy e alla fantascienza. Detto questo, una volta sicura che tutti siate preparati, possiamo procedere.

Con il mondo cinematografico e letterario avente come soggetto gli zombie ho uno strano modo di relazionarmi. Sicuro è che tra i "mostri" sono quelli meno affascinanti. Suvvia, pensateci bene. I vampiri sono strafighi. Adolescenti o no, sin da quando hanno iniziato a parlarne queste strane creature hanno sempre affascinato l'umanità. Che abbiano artigli e pelle rinsecchita o denti splendenti e fisico da calciatori, hanno uno charme incredibile. L'immortalità, tanto per cominciare. La possibilità di nutrirsi di una cosa sola, per giunta dal colore accattivante: il sangue. L'incapacità di mostrarsi al sole, il bisogno di farsi oscurare dalla notte. La quasi invincibilità. Se poi ci mettete che spesso e volentieri sono anche degli strafighi, si capisce bene che non possono che conquistare lo stupido umano, cioè noi. La M. adolescente già con Buffy l'ammazzavampiri - serie horror fantasy di cui adoro anche la sigla perché adoro il gruppo punkrock che la fa -  e Anne Rice era completamente stregata. 


Sui vampiri ho letto abbastanza, compresi alcuni capolavori come Dracula di Bram Stoker e il meraviglioso Carmilla di Le Fanu che, permettetemi di dire, è il migliore in assoluto. Ultimamente ho un po' perso interesse verso il genere perché la maggior parte è destinato agli adolescenti e... va da sé, adolescente non son più. 

Sebbene i lupi mannari abbiano su di me un ascendente inferiore, non posso far a meno di ammirarli. La relazione con la luna è a dir poco stupefacente. Ciononostante sono ferma, quindi non posso consigliarvi e/o parlarvi di molto. Avevo iniziato la serie tv Teen Wolf ma era veramente teen e mi sono bloccata presto.  


E poi loro. Queste cose che ti rincorrono/toccano/mangiano/schifano. Non c'è niente da fare. Tra tutti, sono i meno simpatici. The Walking Dead, poi, ha annientato quel poco di coraggio che dimostravo nei loro confronti. Sia chiaro, non è niente male ma... gli zombie sono fatti stramaledettamente bene mentre gli umani sono troppo lenti e riflessivi. Per degli zombie di quel tipo ci vogliono degli umani dalla malvagità sovrumana, e loro non lo sono affatto. O almeno non lo erano fino alla seconda serie. Lì mi sono fermata. 
I libri che ho letto su questi esseri non mi hanno convinta per niente, fino ad ora. Alcuni erano palesemente per adolescenti, in tutto e per tutto, compresi i dialoghi, quindi hanno finito per lasciarmi a bocca aperta tanta era la superficialità con cui si passava da un argomento all'altro all'interno della stessa conversazione. A sedici anni è sicuramente normale, ma a trenta si tende a svicerare ogni minima cosa per cui passare da un "ti amo" detto per la prima volta a un "uccideremo quei maledetti zombie questa notte" è un po' difficile da digerire. 


Sono estremamente affascinata dal libro Orgoglio, pregiudizio e zombie ma al contempo sono spaventata perché Jane Austen è una delle prime autrici inglesi che ho letto, ed è anche tra quelle che amo di più, per cui ho paura di subire una delusione storica. 
Ehm... Cercando la copertina da allegare a questo post ho scoperto che presto uscirà il film. Ossantamadre.

Tutto questo ragionar su creature a dir poco rivoltanti è dovuto a un nuovo telefilm di cui si sente parlare in abbondanza ma che ancora non ho avuto il coraggio di vedere. Si tratta di Z nation. Vi lascio il trailer qui sotto. Se ve la fate sotto anche solo la metà di quanto me la faccio sotto io, non guardatelo prima di andare a dormire. 


Uh. A I U T O. Non ce la faccio. 

Voi amate o odiate il genere? 

Caramelline gommose a tutti voi, giusto per mediare la tetraggine dell'argomento. 

M.

venerdì 21 agosto 2015

Lo sbarco degli autori

Ci sono!
Eccomi.
Yeeeeeh.
Ciao, emmelettori cari. Vi sono mancata? Non credo proprio. In fondo, mi sono assentata solo una settimana e l'ho fatto per i seguenti motivi:
- lo fanno tutti. Prendersi una pausa dal blog mi sembrava facesse molto figo;
- sono riuscita a ottenere due giorni di ferie - yeeeee! - ;
- visto che i giorni di ferie erano il giovedì e il venerdì ho avuto un lunedì, un martedì e un mercoledì sovraccarichi, e questo mi ha impedito di aggiornare il blog.
Ma sono tornata, più sciocca e malvagia che mai. 
Ah-ah.

E insomma - cosa? - siamo andati al mare per ben 3 giorni. 3 giorni. Ma io dico, vi rendete conto? 
E siamo andati nell'Adriatico, dove non andavamo dai tempi dell'infanzia e/o adolescenza. Non posso giustificare la cosa dicendo che è più lontano del Tirreno perché noi siamo proprio in mezzo, a metà tra i due mari, e i tempi di percorrenza sono pressoché gli stessi, eppure siamo sempre andati di qua. Il nostro mare, la nostra terra, i nostri corregionali. E soprattutto: il tramonto. Quanto è bello vedere il sole tramontare sul mare, poche cose lo sono. Ma siamo curiosi, e volevamo andare anche di là, così siamo approdati, per caso, a Cervia. Ommachebella scoperta. Cervia è una chicca. Il lungomare, la città dei salinari, il museo del sale, il canale con tutta la gente che ci passeggia di fianco. Mi è piaciuta.
E mi è piaciuta la sua vivacità, la sua allegria, la piadina. Mmm... piadina. 


Sono riuscita a superare il fatto che il tramonto non fosse lo stesso tramonto (non fatevi ingannare dalla foto che ho fatto apposta per voi. Quella è prima mattina. Ed era una magica, prima mattina) e mi sono goduta altre cose, come per esempio Lo sbarco degli autori. Mi sembra di aver capito che si tratta di un evento che si ripete ogni anno ma non ne sono tanto sicura (trovate tutto qui). Ero abbastanza confusa dalla scorpacciata di pesce fatta la sera precedente e non riuscivo a concentrarmi. Tutt'ora mi è ostico, ma dubito che dipenda dal pesce, quanto piuttosto dal rientro. Comunque sia... i suddetti autori sono sbarcati ad un passo da me e cosa avrei dovuto fare io, secondo voi, se non armarmi di occhiali da sole e andare a curiosare? 
Mentre sguazzavo con i piedini dentro l'acqua e tentavo
A - di non farmi travolgere dalla folla di curiosi
B - di non farmi travolgere dai passeggini
C - di non inglobare nella pianta dei piedi tutte le conchiglie rotte della battigia
(è inutile che cerchiate l'opzione giusta perché lo sono tutte) ho ascoltato alcuni degli ospiti e mi sono divertita un sacco. Dopo l'aperitivo dentro l'acqua, dopo la jazz band sul lungomare, ecco che Cervia mi sorprende con questa bella gente scrivente che si racconta al popolo. E allora, perché non condividere con voi i due che più di altri mi sono rimasti nella testa e, perché no, anche nello stomaco?

Il primo è Luca Bianchini. Ne avevo già sentito parlare ma non lo avevo mai letto. Appena si è alzato in piedi e ha iniziato a dare del figo al sindaco di Cervia, ho capito che era uno spasso totale e che prima o poi avrei dovuto leggere qualcosa di suo. Potrei iniziare proprio da questo, Dimmi che credi al destino

Ornella ama i cieli di Londra, il caffè con la moka e la panchina di un parco meraviglioso dove ogni giorno incontra Mr George, un anziano signore che ascolta le sue disavventure, legate soprattutto a un uomo che lei non vede da troppo tempo, e che non riesce a dimenticare. A cinquantacinque anni, Ornella si considera una campionessa mondiale di cadute, anche se si è sempre saputa rialzare da sola. Per fortuna può contare su Bernard, il suo vicino di casa, che la osserva da lontano e la conosce meglio di quanto lei conosca se stessa. L'ultima batosta, però, è difficile da accettare. La piccola libreria italiana che dirige nel cuore di Hampstead - dove le vere star sono due pesci rossi di nome Russell & Crowe - rischia di chiudere: il proprietario si è preso due mesi per decidere. Lei, che sa lottare, ha imparato anche a lasciarsi aiutare, e così chiama in soccorso la Patti, la sua storica amica milanese inimitabile compagna di scorribande - che arriva in città con poche idee e tante scarpe, ma sufficiente entusiasmo per trovare qualche soluzione utile a salvare l'Italian Bookshop. La prima è quella di assumere Diego, un ragioniere napoletano bello e simpatico, che fa il barbiere part-time, ha il cuore infranto e le chiama guagliuncelle. Ma proprio quando la libreria ha più bisogno di lei, il destino riporterà Ornella in Italia, a bordo di una Seicento malconcia guidata in modo improbabile dalla Patti. Tra humour inglese e una malinconia tutta italiana, “Dimmi che credi al destino” è una storia commovente di rinascita e speranza. Ambientato in una Londra dove il cielo cambia sempre colore e l’amore brucia a fuoco lento, Luca Bianchini racconta con il suo stile inconfondibile una storia che non avresti mai pensato di ascoltare, e che assomiglia terribilmente alla vita.
La seconda è Maria Pia Timo con La Vespa Teresa. Questa donna, una comica, ha fatto ridere mezza spiaggia, compreso il bagnino che, con la criniera bionda in mezzo al mare, si beava dei complimenti e dei tentativi di approccio della tipa che dal palco ha incatenato tutti. 

 
"Per le due fortunate edizioni del programma Tv 'Vespa Teresa', ho dovuto incontrare e conoscere quarantasei splendide donne di Romagna, che furono le protagoniste uniche e indiscusse di ogni singola puntata. Il programma voleva raccogliere ricette della tradizione, ma soprattutto voleva collezionare le preziose testimonianze di un mondo, specie quello rurale, post bellico o giù di lì, in cui queste donne vissero e di cui sono le ultime reduci. Quanto sia cambiato il nostro modo di vivere, la società, le usanze, in meno di cinquant'anni ha dell'incredibile. Come pure ha dell'incredibile quale carico di lavoro e responsabilità gravasse sulla donna. Diamo scontati preziosi alleati come detersivi, lavatrice, fornelli, frigorifero, nella gestione delle nostre 'facili' famiglie di figli unici o quasi. Senza di questi, servivano stratagemmi, conoscenze e un'organizzazione ferrea, soprattutto quando i familiari di cui occuparsi raggiungevano la ventina. Per riuscire a conquistare la fiducia di ognuna di loro, affinché mi aprissero la loro casa, mettessero a disposizione la loro cucina e soprattutto i loro ricordi e i loro affetti, è stato necessario un lavoro di preparazione durato mesi. Sono serviti interi pomeriggi di chiacchiere e chiacchiere e chiacchiere, tra risate e momenti di sincera commozione, in giro per la Romagna, in casolari sull'Appennino o in villette vista mare. E così, ognuna si è potuta sentire veramente a suo agio all'arrivo delle telecamere..."
Che ne dite?

Bentornati, emmosi. Do per scontato che tornata io, torniate tutti. 
Io e il mio egocentrismo vi salutiamo.

M.

venerdì 7 agosto 2015

Sotto il sole della Toscana



È come se tu fossi ospite di te stesso. Questo è il modo in cui deve intendersi l'estate.
Frances Mayes


Parlandovi di Sotto il sole del Mediterraneo (qui) mi è tornata voglia di leggere Sotto il sole della Toscana e di tormentarvi con i miei bizzarri punti di vista. Pronti?

L'odore dell'erba appena tagliata. Della cipolla fresca fatta a pezzettini. Dei profumi che uscendo dai negozi si inerpicano sui vicoletti... Se chiudo gli occhi e penso alla Toscana mi arrivano una serie di aromi che annebbiano le strade, i panorami, le vette delle colline.
Estate e Toscana sono due cose che insieme stanno bene. Anche Estate e Sicilia non sono da meno, per non parlare di Estate e Puglia. Però estate e Toscana mi si sono appiccicate addosso quando ero una giovane fanciulla dalle ginocchia sbucciate per le corse in bicicletta e dalle mani rovinate a causa degli scippi di ciliegie e pannocchie - ma poi... perché le pannocchie? - e me le porto addosso da allora. 
Il sapore della Panzanella. Il giallo oro del fieno. Le dolci e morbide colline a volte scarne a volte così piene di alberi. I Cantucci con il Vinsanto. La C pronunciata nei modi più strani.
Capirete che... leggere un libro come Sotto il sole della Toscana, per una toscana DOC come me, è un'avventura tutt'altro che banale. La definirei un viaggio tra il piacere di trovare ciò che è reale e la nevrosi nel sentirmi e sentirci classificati come dei trogloditi che hanno appena scoperto l'uso del fuoco.


Ma andiamo, come sempre, per ordine. Avevo già letto questo libro diverso tempo fa ma, complice la fanciullezza e la mancanza di relazione con gli stranieri, l'ho trovato semplicemente piacevole. Il film, al contrario, non mi era piaciuto troppo; mi pareva che avesse poco o niente a che fare con ciò che veniva raccontato dall'american teacher che si è comprata questa spettacolare dimora e che l'ha ristrutturata. Tra disavventure e avventure ci racconta di come sia riuscita a far tornare al suo antico splendore la villa che ha scelto come casa estiva, di ciò che ha visto muovendosi da un luogo all'altro, di come si sia relazionata alla gente del luogo. Nel film tutto questo viene rigirato per far funzionare una mezza storia d'amore che ovviamente tocca anche Napoli e la pizza, se non mi inganno, giusto per infilarci tutti gli stereotipi italiani. E, perché no?, hanno anche incastonato una fontana in una delle splendide piazze di Cortona, e in pochi sono riusciti a capirne il motivo.
Ma il libro è piacevole. Molto piacevole. Decisamente piacevole. Ed è per questo che ve ne parlo.
Ma è anche un po' irritante. Un pochino. Giuro, solo un pochino.
Le belle foto che vedete sono tutte mie - oh, oh, oh! - e le ho fatte proprio mentre leggevo il libro. Quale miglior lettura di Sotto il sole della Toscana per un fine settimana lontano da casa ma pur sempre trascorso nella nostra divina regione? Dato che la Valdichiana e Cortona sono luoghi ben conosciuti - per motivi di lavoro, di famiglia, di amicizia - ho scelto di ritrarre le meraviglie del poco decantato Monte Amiata e della famosissima Val d'Orcia. D'altronde non è mica il paesaggio più fotografato al mondo! 
Ah. 

Insomma, tra giardini, profumi inebrianti, paesini poco visitati che meriterebbero di esserlo molto di più, mi sono bevuta questo libro. Più di una volta mi sono dovuta fermare e ho dovuto leggere a D. ciò che l'autrice raccontava per capire se le turbe che mi causava avevano ragione di essere oppure no.
In breve: per gli americani, e non solo, noi italiani siamo, e saremo sempre, dei cavernicoli.
L'anno di pubblicazione (1996) per fortuna giustifica un po' delle cose che le accadono. Gente con poca, ma che dico!, pochissima voglia di lavorare  - d'altronde noi italiani siamo quelli della dolce vita, no? - persone che dicono una cosa e ne fanno un'altra, esseri umani che non hanno niente da fare a parte passeggiare e cercare di fregare il prossimo. Yuppidu. Viva noi.
Ora, nonostante l'irritazione, in certi casi non posso darle torto. L'efficienza che caratterizza il suo popolo non ha niente a che fare con la nostra. La praticità. La velocità della burocrazia. Ma ciò non significa che siamo dei completi disadattati. Siamo diversi. Abbiamo tempi diversi e modi di vivere diversi. Ma non per questo sbattiamo la clava contro il muro per comunicare gli uni con gli altri. 

Il libro mi è piaciuto, ancora una volta. Nutro la speranza che se lo scrivesse adesso, nel 2015, il suo punto di vista sarebbe diverso e vedrebbe gli italiani che ci sono oggi. Quelli che la mattina prendono e partono, in macchina o in treno, per andare a lavorare perché la famosa dolce vita se la è mangiata tutta la crisi, e forse se la era mangiata qualcun altro prima. Non vedrebbe solo i "privilegiati" che aprono il negozio alle 17.00. 
Tuttavia, ci tengo a dirvi che non è di questo che parla il libro, ma di...
Una scrittrice americana compra e ristruttura un casale nella campagna toscana, presso Cortona, e lì inizia a trascorrere le estati. Il paesaggio è incantevole, il clima dolcissimo, il cibo delizioso. E dagli incanti di una vita ideale, scandita dai riti della campagna, nasce il libro di memorie, che ha appassionato l'America per la bellezza dell'ambiente, ma anche per la qualità della scrittura che lo descrive, evocativa, intensa, capace di trasmettere con evidenza quasi tangibile il piacere della vita tra i colori, i profumi, i sapori, le ricette di cucina raccolte e proposte dall'autrice, di un'Italia da scoprire o da riscoprire.

Comprare una casa in un paese nuovo di cui non si conosce la lingua, assaggiarne i sapori, assuefarsi a uno stile di vita diverso, descrivere filo e per segno i piatti e le sensazioni provate. Questo è quello di cui parla veramente.
Certo, vorrei che ne scrivesse un altro, che raccontasse quello che vede adesso, i meravigliosi colori che invadono le nostre valli, i girasoli che piegano la testa quando la loro ragione di vita tramonta, i giovani che ridono e bevono Estathè alle sei del pomeriggio. In verità è quello che fa, solo che lo fa descrivendo la Toscana di vent'anni fa, quella in cui io non potevo ancora entrare se non attraverso una bicicletta e lo scettro lunare di Sailor Moon (per la cronaca, io ero Sailor Jupiter).
La cosa che più di tutte mi ha stregata, come sempre mi succede quando la leggo, è il suo modo di scrivere. Alle volte penso che se mi dicesse che noi toscani puzziamo di stalla e mangiamo sigari a colazione, le crederei... 

Buone vacanze, emmosissimi emmosi. 

M.