giovedì 1 dicembre 2016

Riflessioni sul self

C'è chi pensa che il self sia la strada più semplice. Una fetta incredibile di lettori e autori è fermamente convinta che decidere per l'autopubblicazione significhi mettere su "carta" un testo che nessuno vuole perché scarso, poco articolato, mal scritto, debole in più punti. 
La maggior parte di coloro che non leggono self, storcono il naso di fronte a uno di questi perché "se sei self, non sei bravo". Sei lì perché nessuno ti ha scelto, perché non sei abile, perché scrivi malino e fai un sacco di errori.


Non è che sia semplice replicare. Ho letto tanti self, in questi anni, e purtroppo è capitato di imbattermi in una storia mal posta, forse ben ideata ma sviluppata senza cura, con condizionali e congiuntivi invertiti e punteggiatura messa un po' a caso. Sì, è capitato. Ma ho avuto la fortuna di leggere self così ben scritti e ben prodotti, creati e plasmati talmente bene che di quelle due o tre virgole messe senza il giusto criterio non mi sono nemmeno accorta, che il refuso appena l'ho notato, che l'errore di impostazione è passato in secondo piano. Self così ben fatti che arrivata alla fine mi sono domandata: "perché diavolo nessuna casa editrice l'ha pubblicato/a? Un testo così meritava di stare sull'Olimpo con un editore alle spalle che lottasse con le unghie e con i denti per tenerlo in quella posizione."

Ho letto libri autopubblicati incredibili. E ne ho letti alcuni tirati via.
Ho letto libri editati e supportati da grandi case editrici che mi hanno fatto sognare. E ne ho letti alcuni che non ho capito perché hanno avuto il successo che hanno avuto e in che modo sono stati revisionati.

Mi sono fatta un sacco di domande e mi sono data delle risposte. E ho deciso di presentare alcune informazioni che ho raccolto negli ultimi due anni. In questo breve ragionare non intendo trattare dei self buttati giù in qualche ora e messi in rete senza nessun criterio, giusto per vedere cosa sarebbe successo. No, intendo parlare di quelli fatti bene, davvero bene, con cover, trama, storia e promozione splendide. 
Riflettendo, curiosando e conoscendo autori, ho avuto modo di scoprire cose che mi hanno sorpresa. Ad esempio:
  • molti, una volta pubblicati da una casa editrice, tornano al self. Il motivo? Difficile da dire, visto che sono i più disparati. Tra questi, il fatto che la promozione non era fatta come speravano, che non avevano nessuna voce in capitolo, che le proposte dell'autore non venivano mai o quasi mai accolte e che le vendite erano inferiori;
  • molti autori scelgono il self. Scelgono di dire no alle case editrici. Scelgono di fare da soli. Alcuni lo segnalano direttamente nelle pagine in cui si trovano i loro testi, precisando che non vogliono ricevere proposte editoriali. Altri, invece, dichiarano pubblicamente di non aver accettato una proposta. Altri ancora spiegano che dopo mesi di riflessioni e tira e molla hanno accettato di firmare un contratto. Ma il punto non cambia: sono loro a scegliere il self e lo fanno per salvare i loro personaggi, perché le loro storie sopravvivano nel modo che ritengono più adatto, perché ciò sui cui hanno sudato e sputato sangue per mesi abbia il supporto che merita;
  • molti vengono scartati dalle case editrici. Scrivono storie eccezionali, hanno penne magiche eppure vengono ignorati dagli editori per ragioni ormai note. (NB: su questo punto, a differenza degli altri, non ho prove concrete, le mie sono solo elucubrazioni). Sono talmente tanti gli aspiranti scrittori che anche gli editori non sanno da che parte farsi e se ciò che leggono non li convince in un nanosecondo chiudono tutto e passano al prossimo. Questo, probabilmente, è il motivo per cui ricorrono agli agenti, certi che questi ultimi abbiano fatto un lavoro di scrematura che permette di arrivare direttamente al gioiello del giorno. Trovare un buon agente, però, non è facile. Molti chiedono soldi sin da subito anche solo per valutare lo scritto. 
Nella presentazione dei fatti non ho inserito, come avrete notato, nessun riferimento personale, né da autrice self né da pubblicata da un casa editrice

Si sa che dal mio punto di vista, avere alle spalle un editore è una cosa che non andrebbe mai sottovalutata, e che è pur sempre un spettacolo di rara grandezza essere scelti e firmare un contratto per la propria creatura con qualcuno che vuole te e quello che hai scritto.
Ma è indubbio, e mi piacerebbe che i più restii lo capissero, che il self non è solo la conseguenza del non essere abbastanza bravi. Il self, sempre più spesso, è una scelta. La scelta di gestire il proprio libro con tutto l'amore che si merita e il massimo dell'impegno. Cuore e mente. Promozione e passione. Ed è anche dare vita a qualcosa che, senza questa possibilità, non ne avrebbe alcuna. 
I cassetti, prima o poi, vanno aperti, altrimenti i sogni perdono di luce e intensità, in quel buio polveroso dell'armadio. Non trovate

M.

20 commenti:

  1. Non so se ho abbastanza elementi per commentare questo post, ci provo. Io credo che di quei libri autopubblicati in cui c'è scarsa cura del lessico e a dirla tutta sono scritti male, ce ne siano fin troppi. Questo ovviamente fa molto male al mercato dei libri di qualità, pur all'interno del circuito del self publishing. Troppo facile pubblicare, troppi pseudo scrittori che in realtà sono scribacchini e nulla di più.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Inizio a pensare di essere stata molto fortunata, o forse particolarmente selettiva, perché di self scritti male ne ho letti solo due. Ammetto che ce ne sono alcuni che non mi hanno conquistata con il contenuto, ma questo succede anche con gli editi dalle case editrici. Evidentemente li ho pescati bene. ;)

      Elimina
  2. Hai messo in luce una cosa importante secondo me, che il self è una realtà molto variegata. I motivi per cui si sceglie questa strada possono essere diversi e quindi non è neppure giusto fare delle generalizzazioni, come si tende di solito.
    Onestamente io di libri auto prodotti scritti male non ne ho mai letti, per il semplice motivo che controllo sempre le anteprime, dalle quali si capisce se dietro c'è un autore che ha fatto le cose al meglio delle sue possibilità oppure che ha tirato via. Poi una storia può piacermi o meno, ma almeno sulla qualità del prodotto vado abbastanza sul sicuro.
    "Il self, sempre più spesso, è una scelta". Non potrei essere più d'accordo. I libri nei cassetti ammuffiscono! E poi è una prova d'amore verso le nostre "creature" quella di cercare di dargli una buona occasione, che si tratti di self o di un editore professionale.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono totalmente d'accordo! :)
      A leggere qua e là però, mi viene veramente il dubbio di aver scelto i migliori in circolazione perché di prodotti mal fatti, come dicevo, me ne sono capitati davvero pochi. Certo è che se il paragone viene fatto con i classici della letteratura, possiamo darci tutti all'allevamento dei Mini Pony. ;)

      Elimina
  3. Come non essere d'accordo? io ho letto self scritti molto bene e self scritti molto male, ma anche libri di CE con errori e refusi (non gravissimi e non tantissimi ma mi hanno fatto pensare...)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anch’io ne ho trovati tanti, alcuni pubblicati da quelle considero case editrici Stellate.
      Devo riconoscere che non leggo Feltrinelli ed Einaudi da una vita – l’ultimo era “Il giovane Holden” - e che forse anche tra le Stellate c’è una differenza di editing. Il fatto è che i miei gusti non si sposano con ciò che pubblicano, quindi non posso fare paragoni. Ma il sunto non cambia: ci sono errori anche nei libri che hanno alle spalle un editore. Un grande editore.

      Elimina
  4. Tematica sempre interessante. Io trovo che il self publishing dia fastidio più all'editoria classica che al lettore. In sostanza, qual è il pericolo che può correre un lettore che sceglie un romanzo autopubblicato? Gli errori, le imprecisioni, la pessima qualità? Davvero è tutto qui? Io credo di essere un lettore abbastanza "accanito" e se devo pensare alla pessima qualità in cui mi sono imbattutto nelle mie letture (pessima qualità della storia, dell'intreccio, della forma, refusi di ogni tipo) ne ho trovata abbastanza anche nei libri sfornati dal mondo dorato dell'editoria tradizionale. Dunque?

    La verità è che seduti al tavolo del prezzo di copertina di un libro edito da una casa editrice ci mangiano l'autore (in minima parte) ma soprattutto l'editor, il correttore di bozze, il grafico della copertina, il marketing, il tipografo, il distributore, il magazziniere e il libraio che espone. Dei 18/20 euro di un prezzo di copertina, se all'autore ne arrivano in tasca 3 è già tanto.

    Con il self la torta viene spartita solo tra l'autore e la piattaforma di self publishing. Punto. E spesso la fetta di torta più grossa rimane all'autore.

    Il self stravolge quindi le regole. E' naturale che dia fastidio... :-D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, impossibile negare, soprattutto i dati sui guadagni.
      Eppure secondo me anche una buona parte dei lettori si accanisce sul self. Magari non lo ha mai letto o ne ha letto solo uno di un genere che nemmeno gli piace, dunque non ha termini di paragone con ciò che produce la grande editoria, però gli basta per dar contro a chi si muove in questo campo, rimanendo convinto che il self è la scelta di chi non ha alternative. Il mio post voleva dimostrare esattamente il contrario, e cioè che tantissimi BRAVI autori lo scelgono, anche per i motivi che hai elencato tu, rifiutando l’editoria tradizionale.

      Elimina
  5. Il self fatto bene richiede un sacco di energie, che io semplicemente non ho. Poi non so, al contrario di Darius a me non piace fino in fondo l'idea che spariscano l'editor, il correttore di bozze, il grafico, il tipografo, il magazziniere e il libraio. Ammetto che mi piace proprio l'idea del libro che crea lavoro, della filiera che ha dietro e di tutte le persone che se ne sono occupate dal computer dove è stato scritto fino alla libreria. Credo che nel mio scegliere comunque la via tradizionale conti anche questo mio essere irrimediabilmente retrò e sicuramente farò la fine dei dinosauri. Detto questo, un buon libro è un buon libro e basta e chissenefrega se è self oppure no.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Parole sante: un buon libro è un buon libro e basta.

      Anche a me piace l'idea di creare lavoro per editor, grafico e compagnia bella. Ma se la mia storia, per arrivare sugli scaffali delle librerie sotto forma di opera, deve essere sensibilmente rimaneggiata per logiche di mercato e/o esigenze di moda, allora rimango perplesso. E, come se non bastasse, una volta arrivata in libreria ci sta al massimo qualche settimana perché l'editoria ha bisogno di sfornare continuamente nuovi titoli... be', rimango ancora più perplesso.

      Io ragiono più da autore che non vuole pubblicare a tutti i costi arrivando a vivere di scrittura.
      Non avrei il tempo (né l'energia) di cercare un editore che mi accetti, di interagirvi e di sottostare ai suoi tempi.
      Anche il self, se fatto con criterio, richiede grandi energie (e comunque non preclude il coinvolgimento di un editor e di un grafico).

      Però il fatto di avere tutto sotto controllo, e soprattutto il fatto di avere il tempo dalla mia parte (senza scadenze) si concilia meglio con la mia voglia di scrivere (che vivo un po' come una seconda vita). :-)

      Elimina
    2. Un buon libro è un buon libro, indipendentemente da ciò che ha alle spalle. Non potrei essere più d’accordo. Il problema è che l’idea "se sei self, non sei bravo" non molla la presa.
      Il mio intento era quello di mettere in luce che molti autori hanno deliberatamente scelto il self. Speravo di creare curiosità, affinché il lettore del post provasse a rispondere a domande come: perché l’ha fatto? Se l’ha pubblicato una casa editrice significa che ha delle potenzialità, perché ha deciso per altro? Quali sono le ragioni che spingono uno scrittore a rifiutare un contratto?
      Io me lo sono chiesta, e l’ho chiesto a chi l’ha fatto. Le risposte sono state illuminanti. Magari non sempre condivisibili, ma molto, molto interessanti.

      Elimina
    3. Appunto, il self richiede molte energie, che io non ho. Campare di scrittura in Italia mi sembra davvero difficile. Qualcuno con il self ci riesce, ma pubblica tantissimo e anche per il mercato estero (cosa che con le mie competenze per è fantascienza). Io credo che sia necessario capire se si hanno forza, energie e competenze per darsi al self o se non sai più onesto dire "io arrivo fino a X". Io, Tenar, senza alcuna pretesa di parlare per altri non ho le risorse per il self, preferisco fare al meglio solo una parte del lavoro e guadagnare di conseguenza (senza avere spese, però). Vorrei che il self improvvisati capissero i propri limiti e evitassero di ingolfare un mercato in cui i (minoritari) autori con tutte le risorse rischiano comune di perdersi dentro. Il self mi piace, se fatto con criterio e cognizione di causa.

      Elimina
  6. in merito alle ultime righe del tuo pensiero, bisogna anche far riferimento che molti self vengono poi "acquistati" (non so bene come funzioni) da qualche CE, quindi non tutti i self sono carta straccia, molte opere sono buone e curate, e qualche CE attenta può sempre acquistare i diritti e pubblicarli sono il suo nome =)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, è verissimo. Forse sono attratti dal numero di vendite, ma non credo sia l'unica cosa. In qualche modo, quei libri funzionano, e se funzionano significa che hanno una struttura. Se la trama piace o meno, è un altro problema. ;)

      Elimina
  7. Brava Monica. Ho trovato questo tuo post molto interessante e di grande onestà intellettuale. Condivido le parole che dici e, anche se non sono mai ricorsa al self, ritengo che sia una strada possibile nonché molto interessante. Interessante perché libera e, in quanto libera, permette di trovare di tutto: non-libri come garbatamente scrivi tu, ma anche tanti testi di grande valore che altrimenti resterebbero sconosciuti ai più. Quindi, da lettrice, dico... W il self!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Elisa. :)
      È stato molto interessante scoprire le motivazioni che stanno dietro alla scelta dell'autopubblicazione, soprattutto quella di autori che hanno avuto esperienza con grandi editori. Diciamo che ho messo a tacere qualche curiosità personale. :p

      Elimina
  8. Credo che nel tempo la qualità degli autori autopubblicati sia migliorata. Secondo me una decina di anni fa gli autori che sceglievano l'autopubblicazione davvero erano per la maggior parte rifiutati dall'editoria seria e/o fuggiaschi dall'editoria a pagamento. Nel mio caso il problema è che, mancando qualunque selezione che certifichi il livello minimo sindacale (non certo l'eccelsa qualità), esito. Non compro a caso un autore autopubblicato, insomma, e nemmeno mi fido delle (sempre troppo poche) stelline, spesso di amici e parenti dell'autore. Preferisco conoscere l'autore, oppure che il libro mi venga consigliato da qualcuno di cui mi fido. Non dico che il mio sia l'atteggiamento giusto, ma... è così. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Penso sia normale, anche perché oggi ci sono così tanti libri in giro e così tanti autori che la discriminante deve essere un "sentito dire" vero, reale, vicino. Spesso funziona! :)

      Elimina
  9. non ho mai pensato di potermi auto pubblicare, anche se ha decisamente il suo fascino... nel senso che non credo che abbia per forza un lato poi così negativo, sottolineando il fatto che chi lo fa non sa scrivere, o comunque commette eccessivi errori

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il self ha tanti lati negativi, primo tra tutti il fatto che devi farti in quattro per renderlo un libro a tutti gli effetti. Il fine è la realizzazione di un progetto che venga considerato un "romanzo" a tutti gli effetti. La cosa bella, il lato più positivo di tutti, è che se lavori bene, ci riesci. Alla grande. :)

      Elimina